I’ so pazz’

Come forse sapete, già prima delle interminabili esequie di Pino Daniele al Maschio Angioino, il Blasco (Vasco Rossi) dichiarò che gli sarebbe piaciuto aver composto lui “Je so pazz’”. E’ quindi naturale che ci torni in mente, quel refrain, magari per riferirlo a noi stessi.
Per Nicoletta ed io, alla nostra dolce età, andare a gennaio a Berlino poteva essere effettivamente una follia. Proprio a gennaio, quando talvolta (per noi, il caso ha voluto che non fosse proprio così) per 4 o 5 settimane di fila – ci hanno detto gli indigeni – non si vede il sole (cielo cupo, temperatura vicina allo zero, pioggerellina ghiacciata che ti entra nelle ossa); proprio quando i berlinesi che possono fuggono da tutte le parti…
E poi, per fare che? Un solo incontro?
Sì, è vero: ma che incontro!
Il possibilismo è questo, cari amici: si intravede lontanissima una possibilità largamente improbabile e la si rincorre a perdifiato fino ad acchiapparla. Poi, post factum, tutto sembra facile. Ma prima? I’ so’ pazz’: e per fortuna… (ca su fatt’accussi!).
Infatti, in pochi giorni, N ed io abbiamo imparato molte cose, con progressi significativi su numerosi topoi (alias emicranie) che ci riguardano.
Vale a dire:
–        Abbiamo studiato davvero una parte del lavoro di Clifford Geertz, il grande antropologo, senior partner di Albert all’Institute di Princeton (a partire dagli anni Settanta del secolo scorso).
–        Inoltre, dai libri, concepiti a quell’Institute, di Wolf Lepenies (l’angelo custode di Albert a Berlino), abbiamo imparato le vicende tragiche delle scienze sociali tedesche dell’Otto-Novecento (che, sia detto tra parentesi, chiariscono in parte la perdurante incapacità della Germania di gestire decentemente l’Uem).
–        Abbiamo così intravisto “un ruolo più grande” che potrebbe avere il nostro Istituto Colorni-Hirschman, che parte dal Mezzogiorno e dall’Italia, ma che intende rivolgersi all’Europa e a “tutti quanti”.-