Contrappasso dei drammi correnti

Contrappasso dei drammi correnti

Luca Meldolesi

Tizio: diavolo, cosa sta succedendo?

Caio: “è la solita storia del pastore…” – dice la romanza!

Tizio: vale a dire?

Caio: che siamo di nuovo alle rivalità tra potenze e superpotenze per prevalere l’una sull’altra – con i popoli che ne fanno le spese . E’ una questione che riguarda i rapporti di dominio/subordinazione a livello mondiale. Riguarda la libertà, la democrazia, il benessere materiale e morale, il mancato affratellamento. E’ una realtà politica, militare, economica, sociale, psicologica, culturale ecc.: ogni aspetto della vita. Ridefinisce senza sosta l’enorme piramide umana del mondo. Il mondo “è fatto a scale chi le scende e chi le sale”. Di solito, ciascuno, singolo o aggregato che sia, ha parecchia umanità al di sopra e al di sotto di sé. Non a caso si parla dei primi (e degli ultimi) come di quelli collocati in modo tale da percepire una certa “rarefazione” (sopra o sotto) in uno o più degli aspetti appena citati – tipo: chi è il più (e il meno) potente; il più (e il meno) ricco ecc. ecc. E’ una situazione collettiva che esiste da tanto tanto tempo (c’è chi dice da sempre). Il problema, casomai, sarebbe di aiutare l’umanità ad uscirne una buona volta – ma di questo non si discute…

Tizio: per forza! Le donne e gli uomini si interessano solo a ciò che pensano di poter risolvere…

Caio: il che non implica, tuttavia, che il problema non debba venir posto sul tappeto. E che non si debba far nulla in proposito, vita natural durante…

Tizio: d’accordo. Partiamo però dalla situazione agghiacciante di oggi, quella che ci tiene incollati alla tv con il fiato sospeso.

Caio: abbi pazienza Tizio: sintetizzare va bene; ma “arronzare” no! Lasciami ricordare innanzitutto che la principale potenza dominate – gli Stati Uniti – ha creduto a lungo (ricordi Nixon, Reagan) di poter curare le difficoltà che andava incontrando nell’evoluzione interna e nella sua proiezione mondiale con una semplice medicina ultraliberale (tipo il mercato ha sempre ragione) imposta ad ogni costo. L’inattesa caduta del muro di Berlino (su cui tornerò) gli USA si erano convinti di aver avuto ragione su tutta la linea (ricordi la famosa
tesi della fine della storia?). Contemporaneamente, però, la ricerca affannosa del profitto più elevato possibile di breve periodo, da parte della grandi imprese americane, del sistema finanziario internazionale e della globalizzazione ultraliberale hanno finito per favorire l’ascesa della Cina. Cosicché soprattutto a partire dal secondo mandato di Obama è iniziato negli Stati Uniti un notevole ripensamento sulle politiche da seguire, che è stato poi accelerato in chiave revancista da Trump. Si tratta del classico “recentrage”: riduzione della presenza esterna e delle sue spese, concentrazione sull’interno, politiche di potenza.

Tizio: d’accordo, ma cosa c’entra con i problemi di oggi?

Caio: c’entra, c’entra! Perché è qui, se non erro, che inizia la tragica avventura che stiamo vivendo. Perché il governo della Federazione Russa – una grande potenza militare ma non economica (ha un’economia comparabile a quella italiana, e solo un decimo di quella cinese) ha cominciato a sognare la sua rivincita; a spostare in avanti le sue pedine, via via che gli Stati Uniti ed i loro alleati (dall’Irak, all’Iran, alla Siria, all’Afghanistan, alla Libia, all’Africa sub-sahariana) ritiravano o cambiavano le loro. Basta far mente locale a cosa è accaduto in Siria, in Georgia, in Crimea, nel Donbass. Ad un certo punto, la Russia su è convinta di poter fare il “colpo grosso”…

Tizio: com’è possibile che ciò sia accaduto?

Caio: l’Occidente, “in tutt’altre faccende affaccendato” non se è neppure accorto (o non ha volto accorgersi) di ciò che stava accadendo: fino… all’invasione dell’Ucraina! Si pensi alle politiche filorusse di Schröeder e della Merkel elogiate fino a ieri (north-stream incluso naturalmente). Si pensi all’insensata dipendenza energetica della Germania e dell’Italia dalla Russia costruita nel tempo con la responsabilità collettiva di “tutti quanti”…

Tizio: e perché?

Caio: dovranno stabilirlo gli storici. Già oggi, tuttavia, è chiaro che eravamo abituati a vivere sugli allori della pace trascorsa; alla vita vuota ed indolore; a guardare il giorno per giorno; alle infinite scaramucce della politica politicante; all’audience televisivo; alla vendita dei giornali on line ecc. ecc. fino al brusco risveglio; alla paura che corre sul filo!

Vincenzo Marino

Sempronio fa notare:

1) che Albert aveva visto bene e a lungo (proseguendo lungo la strada tracciata da Eugenio Colorni) ovvero che il concetto di interesse nazionale che unito alla tendenza imperialista delle nazioni (di alcune più di altre) alla base dei conflitti.

Nel 1945, al termine della 2° guerra mondiale, Hirschman ha pubblicato il suo primo libro dal titolo inequivocabile “National Power and the structure of foreign trade” (Potenza nazionale e commercio estero). Il libro è dedicato ad una osservazione piuttosto inusuale per gli economisti dell’epoca (e purtroppo anche di oggi) ovvero al fatto che nelle relazioni commerciali tra paesi si annidano i germi delle relazioni di potenza e di dominio.

In sostanza Albert evidenzia che al fondo della questione della asimmetria commerciale e della dipendenza tra due paesi si nasconde una grande questione di potenza nazionale. In sostanza il paese che esporta beni indispensabili agli altri utilizzerà questa relazione asimmetrica o come potere di offerta (accrescendo la sua forza militare) o come potere d’influenza (accrescendo la dipendenza degli altri da sé).

“I nazisti ci hanno solo mostrato le tremende potenzialità di potere insite nelle relazioni economiche internazionali, proprio come ci hanno dato la prima dimostrazione pratica dei poteri della propaganda. Non è possibile ignorare o neutralizzare questi poteri relativamente nuovi degli uomini sugli uomini; la sola alternativa che abbiamo è prevenire il loro uso a scopo di guerra e di asservimento e farli invece lavorare a scopo di pace e di benessere. Ciò può essere fatto solo da un attacco frontale all’istituzione che è alla radice del possibile uso delle relazioni economiche internazionali per scopi di potenza nazionale – l’istituzione della sovranità nazionale”(p. 79)

Qualche anno prima, a Ventotene, Eugenio Colorni nella preparazione del Manifesto di Ventotene aveva discusso e stimolato Spinelli e Rossi su una stessa considerazione: l’Unità Europea doveva rappresentare un superamento degli Stati Nazione ed una vera e propria Federazione di popoli.

Siamo ancora lì…. E il dialogo tra Tizio e Caio fornisce una prospettiva di lavoro diversa… difficile, ma possibile… ed è per questo che penso che National Power andrebbe rieditato…

2) che sarebbe utile anche osservare le cose da un altro angolo di visuale. Ho il dubbio che il problema della potenza nazionale, o di quello del dominio dell’uomo sull’uomo, sia in realtà influenzato da un problema che è stato anch’esso assorbito con troppa facilità nella nostra antropologia, il problema della scarsità.

Se le risorse sono scarse, e il sistema degli scambi internazionali non riesce (checche’ ne dicesse Samuelson) a garantire una equa distribuzione delle risorse ed un progressivo virtuoso allineamento a livello globale, mi pare automatico che si finisca in una logica di accaparramento e di potenza. Chi dispone di risorse non se ne libera, se non a caro prezzo, e agisce in modo da consolidare o accrescere la propria rendita di posizione. E questo vale, senza scomodare il livello internazionale, ancor più a livello nazionale nella distribuzione del reddito.

È una dimensione ineluttabile dell’essere umano?

Le intuizioni e le scoperte di Albert nella trilogia dello sviluppo (Strategia, Development Projects, Journeys) possono essere di grande aiuto per un cambio di prospettiva. Perché non è detto affatto che le risorse siano scarse, è vero piuttosto che spesso sono solo disperse o male utilizzate.

Ho come l’impressione che a furia di ragionare col paradigma della scarsità, si finisce con lo sprofondare ineluttabilmente in una dimensione di autoprotezione, conflittualità e dominio…

È forse di nuovo di attualità ed utilità il cambio di prospettiva di Albert, no?

Il mood attuale, in parte depotenziato dalla guerra, sulla transizione ecologica e digitale andrebbe rivisto e riproposto in questa chiave…. Una strategia di autosufficienza energetica (frutto di una reazione immediata alle conseguenze della tragedia ucraina) potrebbe articolarsi su un punto di vista meno autistico e con un impegno diretto (con tanto di politiche, incentivi e disincentivi) a imparare a gestire le risorse, rigenerarle, riutilizzarle, ridurre gli sprechi…

Una adolescente con la sindrome di Asperger ha detto qualche anno fa agli adulti che bisognava cambiare tutto… gli adulti si sono messi a fare la guerra…

Luca Meldolesi

Caro Sempronio, cari amici del direttivo, purtroppo le cose non sono così semplici…

1- Le conclusioni di National Power (che ho discusso a josa in un saggio che trovate nel nostro sito: www.colornihirschman.org ) sono state corrette in seguito dal suo autore. In particolare egli ha considerato “infinitamente ingenua” l’idea stessa dell’ “attacco frontale”(Hirschman 1981, p. 28-9).
Inoltre, molto tempo prima, Colorni in una lettera a Spinelli del 1943 (ora 2017, p. 157) aveva spiegato che sarebbe stato necessario operare dall’interno dello stato di cose presente nel secondo dopoguerra. Così per l'appunto abbiamo fatto, pur combattendo senza sosta i rapporti di dominio/subordinazione (fin dai miei articoli monetari degli anni Sessanta – 60! – del secolo scorso). Anche perché, a mio modesto parere, quei rapporti non riguardano solo l'economia, ma ogni aspetto della vita. Persino “Il nostro Mezzogiorno” è figlio (magari inconsapevole) dell’atteggiamento generale favorevole alla liberazione e all’emancipazione dai rapporti di dominio che abbiamo sempre mantenuto presente, vivo e vegeto.

2- Il principio di scarsità è alla base dell’Economics. Seguendo Keynes, Sraffa, Joan Robinson e tanti altri, anche io ho passato molto tempo a costruire alternative – fino a quando Hirschman non mi ha convinto a cambiare strada. Ad esempio, dopo il Piano Marshall, tra i keynesiani democratici americani presi dal delirio di onnipotenza, circolò l'idea che sarebbe stato possibile creare un Piano Marshall per il mondo intero. Hirschman non abboccò all’idea, ma pensò che tale credenza bizzarra era utile perché apriva un importante spiraglio di opportunità: quello di teorizzare e di sperimentare in concreto che lo sviluppo (e dunque l’abbondanza) è possibile. Anche noi, nel nostro piccolo, intenderemmo mostrarlo: per il Sud e per i Sud…

Cose note? Forse sì.

Ma talvolta… repetita juvant
Caio