Incontri alla Bocconi. Milano 4 novembre 2013. Un'esperienza fuori dal Comune

Incontri alla Bocconi. Milano 4 novembre 2013. Un'esperienza fuori dal Comune

di Daniela Caianiello*
La mia storia lavorativa ha inizio nello studio di dottore commercialista di mio padre, dove si cercavano “stratagemmi legali” (qualcuno la definisce elusione) per consentire ad imprese di successo di limitare la spartizione degli utili di impresa con un socio di maggioranza esigente, ma considerato poco produttivo, chiamato Stato.
Dopo 5 anni di questo onorato lavoro lascio l’elegante ufficio nel cuore del Vomero per calare le mie competenze in due rioni piuttosto malfamati di Napoli1: Quartieri Spagnoli (identificato dai vicoli con i pittoreschi panni stesi) e la Sanità (luogo di nascita di Totò), con l’obiettivo ambizioso e secondo alcuni pericoloso, di convincere le imprese irregolari ad avviare un percorso di emersione. Il prof. Meldolesi ci definiva “commercialisti di strada”, per evidenziare la nostra vicinanza alle esigenze dei piccoli artigiani, spesso desiderosi di regolarizzarsi, pure per un proprio riscatto professionale, ma spaventati dalle mille incombenze burocratiche2.
In pochi mesi siamo (tre ragazze ed un ragazzo divisi in squadre da 2) entrati in quasi 500 botteghe (tutte quelle presenti sul territorio), riuscendo a sviluppare dei particolari super poteri che ci consentivano di individuare anche le attività più nascoste.
Relazionarsi con questi piccoli imprenditori (in realtà più piccoli che imprenditori), è stato meno difficile di quanto temevamo, aiutati da queste regole ferree:
1) presentarci come semplici neolaureati interessati allo sviluppo di quelle aree disagiate. Quindi bisognava chiarire subito che non vendevamo nulla (i venditori delle scope Folletto e delle enciclopedie erano i più temuti), non volevamo soldi, non eravamo Testimoni diGeova, ma soprattutto non avevamo finalità ispettive (Guardia di Finanza o Ispettorato delLavoro)3.
2)  Accettare sempre il caffè che ci veniva offerto con grande generosità (chissà come fosse 
possibile l’avevano sempre fatto mo’ mo’4), rappresentava una sorte di calumet della pace, che andava tassativamente bevuto, nonostante la colite e nonostante fosse il quindicesimo della giornata. Rifiutare sarebbe stato percepito come “voler mantenere le distanze”.
3)  Allettare gli imprenditori (o aspiranti tali) specificando che ci sarebbero state buone opportunità di ricevere finanziamenti europei. Per la prima volta qualcuno andava da loro (spesso nascosti, sempre dimenticati), non per sanzionarli o punirli, ma perché li considerava una risorsa del territorio da valorizzare ed aiutare, anche investendo sulle loro potenzialità.
Il rapporto instaurato con queste persone è stato leale, abbiamo dapprima offerto gratuitamente le nostre competenze5 e poi li abbiamo seguiti in tutte le fasi del finanziamento dalla domanda, compilata da noi, alla concessione del contributo, al controllo finale di come avevano speso i soldi. A parte qualche piccolo tentativo di truffa, immediatamente sventato6, si sono comportati tutti molto correttamente. Questa volta lo Stato non era un entità lontana da “fregare”, ma delle persone vere, dei ragazzi dalla faccia pulita, ma ben svegli che avevano cercato in tutti i modi possibili e soprattutto gratuitamente7 di aiutarli. Ricordo ancora lo stupore quando si sparse la voce che non accettavamo alcun tipo di regalo, proprio per evitare distorsione nei rapporti.
Dapprima ci fu delusione da parte di chi tornò indietro con il proprio pacchetto rifiutato8, ma dopo, questo atteggiamento è stato visto con rispetto, e la fiducia nei nostri confronti è aumentata. Se avessimo accettato qualsiasi dono, avrebbero potuto pensare che la nostra disponibilità era condizionata da questo, invece il nostro aiuto doveva essere percepito come assolutamente disinteressato, dovevamo incarnare lo Stato Amico.
Dopo questa gavetta faticosa, ma ricca di soddisfazioni, consolidata anche con l’avvio del progetto C.U.O.R.E. (Centri Urbani Operativi di Riqualificazione Economica), spinta anche dall’esempio di altri colleghi, allettata dallo stipendio sicuro (anche perché “tengo famiglia”), tento la strada del concorso pubblico e partecipo al V progetto RI.P.AM. (Riqualificare la Pubblica Amministrazione) ed inizio a studiare (700 ore di corso) per prepararmi ad entrare in un Ente Locale. Passo così da “Commercialista da strada” a “Ragioniere Capo” del Comune di Cardito, per alcuni un grande passo in avanti, per me un salto nel buio.
Sembra strano, ma ho incontrato molti più problemi nel comodo ufficio di un Ente locale, che nei tre anni passati per strada in due quartieri malfamati. L’esigenza della mia assunzione al Comune scaturiva dalla necessità di sostituire il vecchio Ragioniere, più volte sorpreso in fallo, ma che nessuno aveva mai osato denunciare, perché imparentato con influenti politici locali. Così, per rendere meno umiliante la sostituzione, l’avevano giustificata con la scelta di una persona giovane, aggiornata e laureata. Peccato che tra i requisiti del loro candidato ideale non avessero potuto imporre anche il sesso, perche il Sindaco in carica voleva per forza un maschio9 e forte fu la sua delusione quando seppe che gli era stata assegnata una donna10.
Il mio primo anno di lavoro fu all’insegna del boicottaggio da parte di “qualche simpatico burlone” che per dimostrare la mia assoluta incapacità provvedeva giornalmente a crearmi insidie e trabocchetti (fascicoli spariti, contabilità sabotata, informazioni errate) per poter riprendere il mio posto11. In realtà ho potuto contare, quasi da subito, sull’appoggio dei miei collaboratori, bencontenti di poter lavorare in modo più trasparente, senza rischiare di incorrere in qualche denuncia per coprire le magagne dell’ex Ragioniere Capo, che in caso di bisogno avrebbe scaricato su di loro qualsiasi tipo di responsabilità. Comunque in pochi anni ho creato un’affiatata ed efficiente squadra, allontanando tutti i lavativi. Ci sono ora, infatti, gli strumenti per costringere il personale a lavorare ed io li utilizzo tutti: quando affidi ad ognuno un carico di lavoro predeterminato e valutabile ed il dipendente non lo porta a compimento, si iniziano ad attivare le procedure per scarso rendimento, e si controllano le timbrature in entrata ed uscita denunciando chi si allontana arbitrariamente dal posto di lavoro. Per l’Amministratore che non ha interesse ad arrivare al licenziamento del dipendente (che in questo caso è anche un suo elettore) è più comodo spostarlo in un Servizio meno “implacabile”12 per ottenere riconoscenza dal malcapitato che aveva dovuto subire, dopo anni di inerzia, l’onta di vedersi corrispondere una produttività, di solito elargita a pioggia, pari a zero.
Adesso nel Servizio Finanziario siamo in quattro: ho tre collaboratori, di cui uno è ragioniere, una è maestra d’asilo ed uno è elettricista13, sulla cui correttezza e buona volontà posso mettere la mano sul fuoco – mentre per le competenze… devono bastare le mie. Ho un rapporto speciale con loro: si fidano di me, della mia correttezza, della mia professionalità, e sono disposti a lavorare sodo per raggiungere gli obiettivi prefissati (la documentazione del bilancio è stata prodotta in tempo record, con l’emissione di più di 2.000 mandati in un mese per poter rendicontare i fondi ricevuto dal D.L. 35/2013). Mi dicono “Dottoressa lo facciamo per Lei, perché il Comune non merita niente, ma Lei sì”. E quindi vengono di pomeriggio per non lasciarmi sola a lavorare cercando in tutti i modi di dare il loro contributo. Io da parte mia li difendo sempre, mi assumo sempre la responsabilità di tutti gli errori del mio Servizio e regalo loro, ad ogni ricorrenza, doni bellissimi per farli sentire parte di una squadra, con diritti e doveri. Unico neo è che mi apprezzano talmente tanto che non vorrebbero che lasciassi il Comune e quindi, ogni volta che partecipo ad un concorso, sperano sempre che io non lo vinca. Ma non penso che sia colpa Loro se sono l’eterna “prima dei non raccomandati” e quindi mi classifico dalla seconda posizione in poi.
Qui ne approfitto per aprire una breve parentesi sui concorsi per dirigente banditi dai Comuni. Se si facesse una statistica si dimostrerebbe che almeno nel 95% dei casi il vincitori è il dipendente interno a tempo determinato, che magicamente riesce a trasformare il proprio contratto a tempo indeterminato. Nei Comuni c’è la possibilità per il Sindaco di poter scegliere la propria squadra14 e quindi di reperire dall’esterno quelle competenze che non riesce a rinvenire tra il personale interno15. In teoria la norma prescrive comunque una selezione pubblica per poter scegliere tali figure, in realtà la procedura nella maggior parte dei casi si limita a prevedere un colloquio con il Sindaco che deciderà per il risultato più rispondente alle proprie esigenze (ovvero, nella maggior parte dei casi, per il figlio dell’amico). Questi dirigenti a contratto, detti anche “centodieci”16, hanno quindi un legame strettissimo con il Sindaco che li ha scelti e quindi minano quella separazione necessaria che dovrebbe essere garantita tra potere politico e apparato burocratico17. Dopo cinque anni18 di onorato servizio, molto spesso il Sindaco, per ricompensarlo dei Suoi servigi e potergli garantire quella stabilità lavorativa che si è meritata sul campo dicendogli sempre di sì, indice un concorso pubblico proprio per Lui, nominando una Commissione d’esame compiacente e facendo elaborare un bando che possa valorizzare a pieno il profilo del proprio protetto.
In alcuni settori particolarmente strategici per l’Amministrazione come i Servizi Sociali, il Servizio Edilizia Privata ed il Servizio Personale in cui è di fondamentale importanza poter contare su di uno Yes–Man, piuttosto che su solide competenze, si scatena la caccia al candidato ideale (interno o esterno che sia), che abbia come requisito imprescindibile acconsentire a qualsiasi pretesa (legittima e illegittima) del Sindaco. Per fortuna il Servizio Finanziario, settore di mia competenza, necessita di una solida preparazione per evitare conseguenze serie ed irreparabili come il dissesto dell’Ente che comporterebbe implicazioni gravi anche per la carriera politica19 degli Amministratori e quindi il Sindaco è più disposto a sopportare quelle che sono definite “le mie fissazioni” ma che non sono altro che un modo trasparente di organizzare il lavoro. Una delle maggiori frizioni con l’apparato politico scaturisce dalla loro pretesa di voler decidere chi pagare e quando: in un periodo di risorse scarse, quando i pagamenti avvengono anche dopo 20 mesi, avere questa discrezionalità attribuisce un potere enorme. Per questo motivo nel mio Ufficio ho imposto il Registro cronologico dei pagamenti: TUTTI possono controllare la correttezza della sua tenuta, NESSUNO passa avanti agli altri (ad eccezione di pochissime deroghe disciplinate dal Regolamento di contabilità). La Legge ci viene in aiuto, perché anche la Corte Costituzionale con sentenza n. 211/2003 ha evidenziato che l’impignorabilità20 degli Enti Locali può essere invocata contro i propri creditori solo se è stato tassativamente rispettato l’ordine cronologico dei pagamenti. Inoltre è fondamentale non derogare MAI, per nessun motivo, perché una volta che si crea un precedente, tutti si sentiranno in diritto di proporre nuove forzature.
Alla fine il Sindaco si è rassegnato, anche perché è pur vero che non sono disponibile a compiere forzature PER LUI, ma neanche PER ME e tantomeno per i suoi avversari: questa sicurezza è molto importante21. E poi ho il vantaggio di poter invocare l’intervento punitivo della Corte dei Conti, che funziona molto meglio dell’Uomo nero per i bambini. In questo momento, ad esempio, sono riuscita a convincere il Sindaco a rinunciare all’auto blu (un’Alfa Romeo 156), che eccedeva la cilindrata massima consentita e ad utilizzare una misera Fiat Punto.
In effetti, in quest’ultimo periodo, soprattutto con l’entrata in vigore del D.L. 174/2012, i Controlli sugli Enti Locali sono stati giustamente intensificati, con maggiori poteri attribuiti appunto alla Corte dei Conti ed al Collegio dei Revisori. Quest’ultimo da quest’anno non è più scelto dal Consiglio comunale (il Controllato sceglie i propri Controllori con tutte le conseguenze che ne derivano), ma è estratto a sorte dalla Prefettura da un apposito Elenco gestito dal Ministero dell’Interno.
Ma, oltre a questi legittimi tentativi di organizzare forme di controllo più incisive, il nostro legislatore ha poi ideato numerosi marchingegni per porre rimedio ad alcuni mali conosciuti della Pubblica Amministrazione. Mauro Bonaretti (già Direttore Generale al Comune di Reggio Emilia) l’ha efficacemente definita “Sindrome del cotechino”: la logica che pretende di curare la colesterolemia con il cotechino è la stessa che ritiene che la nostra pubblica amministrazione che è già eccessivamente burocratizzata debba essere intasata da un’altra miriade di adempimenti22. Sono sei mesi che lavoro incessantemente per poter dimostrare che il mio piccolo Comune è povero, ma onesto! Tutti questi infiniti procedimenti da attivare (con richiesta di pass-word e accrediti, che neanche si dovesse andare a pranzo con la Regina d’Inghilterra), da aggiornare (file in formati strani da decodificare), da trasmettere (con firma digitale del Responsabile del servizio finanziario, del Segretario generale, del Sindaco, dei tre Componenti del Collegio dei Revisori; ed ogni volta bisogna recuperare le penne e le pass-word) non consentono di focalizzare il proprio impegno su aspetti più importanti e veramente strategici.
Il dipendente pubblico, molto spesso, non è un fannullone, ma è costretto da leggi emanate da chi pensa che lo sia, a impiegare la maggior parte del tempo a dimostrare di non esserlo, diventando così inevitabilmente poco produttivo23.
*Responsabile finanziario del Comune di Cardito
 
1 Nel 1997 fui scelta dal prof. Meldolesi per partecipare al progetto URBAN, gestito dal Comune di Napoli, con la finalità di promuovere le attività artigianali, anche attraverso la redazione di un bando per garantire piccoli finanziamenti alle imprese (fino ad un massimo di 60 milioni di lire).
2 Sembra paradossale ma alcuni artigiani hanno avuto multe sproporzionate per i periodi in cui l’attività era regolare, in quanto per qualsiasi piccolo inadempimento ricevevano sanzioni salatissime, spropositate rispetto alle infrazioni commesse, mentre nel periodo irregolare, opportunamente nascosti da sguardi indiscreti, non sono stati mai sanzionati.
3 All’inizio al nostro arrivo avvenivano strani flussi migratori: persone che improvvisamente lasciavano il proprio posto di lavoro e salutavano come se fossero passati di lì per caso. Un imprenditore con tre collaboratori (tutta l’attività era rigorosamente nera), quando gli spigammo delle opportunità di cui avrebbe potuto beneficiare con l’emersione ci fermò sostenendo che Lui ed i suoi amici lo facevano per hobby (stavano producendo circa 100 borse), perché Lui era dipendente comunale (e quindi ovviamente non era interessato a regolarizzarsi).
4 Traduzione: appena fatto.
5 In realtà avevamo il vantaggio che i loro consulenti, quelli pagati, non erano particolarmente preparati. Il più delle volte erano ragionieri consigliati da amici e parenti, che chiedevano poco, ma valevano ancor meno. Un artigiano specializzato in vestiti da cerimonia cui avevo fatto conoscere le meraviglie e la convenienza del contratto di apprendistato per le sue giovani ricamatrici, con il vantaggio di regolarizzarle spendendo poco, rimase talmente soddisfatto che voleva cucirmi l’abito da sposa (peccato che fossi già sposata!).
6 Ad esempio dei parrucchieri avevano avuto la brillante idea di passarsi le attrezzature acquistate da un negozio all’altro; ma noi avendo inventariato ed etichettato tutti i beni acquistati con il finanziamento abbiamo subito scoraggiato qualsiasi altra velleità di fare i furbi.
7 Venivamo pagati quattro soldi, direttamente dal Comune di Napoli, attuatore dell’iniziativa.
8 Abbiamo rifiutato davvero di tutto: dalle borse alla pasta fresca, dai dolci di Natale ad ombrelli artigianali, più altri doni non identificati perché impacchettati e mai aperti.
9 La scelta della sede era appannaggio dei vincitori del concorso, secondo l’ordine di arrivo. Purtroppo per il Sindaco, il candidato maschio si era classificato dopo di me.
10 Dovetti combattere non poco per essere assegnata al Servizio finanziario, perché il Sindaco era convinto che fossi la candidata ideale per i Servizi Sociali.
11 Per timore che fosse decisa una mia sostituzione, anche solo temporanea, che avrebbe comportato danni irreversibili alla organizzazione del servizio, che tanto faticosamente avevo implementato, ho nascosto a tutti la mia gravidanza (fin quando è stato possibile), ed ho partorito in ferie, tornando a lavoro dopo una settimana. Comunque alla fine è stato il mio predecessore a chiedere il trasferimento in un altro comune, perché era ormai stato messo all’angolo.Attualmente notizie comparse sulla stampa locale lo danno “costretto alle dimissioni” dal Sindaco ed indagato per una tangente di € 30.000,00, evidentemente il lupo perde il pelo ma non il vizio. E poiché nel nuovo Ente non aveva l’appoggio politico è stato finalmente denunciato.
12 Il vecchio Sindaco mi chiamava “la Spartana”o anche “l’integralista islamica”, accusandomi di essere troppo intransigente, ma in fondo lo diceva con ammirazione.
13 L’elettricista per motivi di salute è stato adibito a lavoro sedentario dimostrando una tenacia e una volontà in grado di superare tutti gli ostacoli derivanti da una formazione non proprio rispondente al profilo affidatogli.
14 Con l’elezione diretta del Sindaco è stata introdotto lo spoil–system; ma, dopo aver registrato le distorsioni create da tale strumento, il D.Lgs. 150/2009 ha tentato di limitare tale facoltà, stabilendo delle percentuali massime per il ricorso all’esterno (che vanno, in considerazione della popolazione dell’Ente Locale dal 10% al 20% dei dirigenti presenti in servizio).
15 L’idea di fondo di creare una propria squadra di fiducia era mutuata dalle imprese private, nelle quali gli Amministratori possono nominare i propri dirigenti. Purtroppo le logiche sono risultate diverse. Nelle aziende l’imprenditore corre il rischio della bancarotta se non sceglie persone capaci, mentre nell’Ente Locale il Sindaco ha un’ottica di medio periodo (la durata del suo mandato) e quindi privilegia dei benefici immediati.
16 Il riferimento è all’art. 110 del D. L.G.S. 267/2000 che li ha previsti e non al voto di laurea che spesso non è dei più brillanti.
17 La durata del loro incarico non può superare il mandato elettorale del Sindaco, ma spesso il contratto è annuale e quindi per sperare in una proroga devono essere particolarmente accondiscendenti alla richieste della politica.
18 Per partecipare ad un concorso per dirigente occorrono almeno 5 anni, anche a tempo determinato in un’amministrazione pubblica.
19 Gli amministratori che sono riconosciuti responsabili del dissesto, subiscono una sorta di “fallimento” e non possono essere rieletti per 10 anni, oltre ad essere perseguibili dalla Corte dei Conti.
20 L’art. 159 del D. Lg.s. 267/2000 prevede che non possono essere soggette ad esecuzione forzata le somme di competenza dell’Ente destinate: a) al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi, b) al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso, c) all’espletamento dei servizi locali indispensabili. L’atto con cui l’Ente Locale quantifica semestralmente queste somme è la Deliberazione di impignorabilità.
21 Considerati anche i precedenti non proprio limpidi del Ragioniere che mi ha preceduta.
22 Solo per citarne alcuni: piano anticorruzione, piano della trasparenza, piano delle performances, controllo interni, codice di comportamento. Ed ognuno di questi comporta almeno un regolamento, una delibera, un monitoraggio semestrale ed altri simpatici adempimenti da portare a termine a tempo di record senza le necessarie risorse umane, tecnologiche e finanziarie.
23 Nel mio Ufficio solo una persona su quattro offre realmente servizi per gli utenti (con l’emissione di mandati di pagamento). Gli altri tre si limitano a correre dietro agli adempimenti contabili o ad offrire servizi agli altri uffici dell’Ente (il provveditorato si occupa degli acquisti di beni, si predispongono le buste paga per gli altri dipendenti, ecc.). Eppure lavoriamo tutti tantissimo.