Scritti di Eugenio Colorni, presso Rubbettino editore

Il compromesso Leibiniz
E. Colorni, Rubettino 2023

“Mi sono accontentato per tanti anni del compromesso Leibniz. Con Leibniz potevo sbrogliar la matassa, potevo cercar quello che sta sotto le parole, senza abbandonare la filosofia, la cara, la solida, la tranquillizzante filosofia. E ero diventato più sicuro, più calmo, buon consigliere, prezioso amico, chiarificatore di problemi, sostenitore degli incerti: un buon maestro”.

Lettera di Eugenio Colorni ad Ursula Hirschmann,

Ventotene, 21 febbraio, 1939.

 
Eugenio Colorni, Arte, Estetica, Politica
Eugenio Colorni, Arte, Estetica, Politica, a cura di Luca Meldolesi e Mario Quaranta, Rubettino, 2021

Arte, estetica, critica letteraria, letteratura, scienza politica sono campi oggi poco riconosciuti (ma originariamente a lungo frequentati) dell’exploit intellettuale davvero straordinario del grande filosofo e politico italiano Eugenio Colorni. Il presente volume intende colmare, almeno in parte, tale lacuna. Esso mostra innanzitutto l’ispirazione antifascista che fin dall’inizio anima Colorni anche in questi settori del suo lavoro. Ripubblica, in proposito, un’importate saggio su Campanella e Machiavelli. Chiarisce la partecipazione di Colorni alla rivista giovanile genovese d’ispirazione gobettiana Pietre, soprattutto nella seconda serie diretta da Lelio Basso. Propone tre contributi di estetica di Colorni (di cui due inediti reperiti da Mario Quaranta) elaborati inizialmente nell’ambito del’insegnamento di G.A. Borgese, che si riferiscono all’opera di Roberto Ardigò, del bergsonismo e di Benedetto Croce (quest’ultimo nella versione definitiva – L’estetica di Benedetto Croce. Studio critico – che venne pubblicata come monografia nel lontano 1932). Riunisce, numerose recensioni del giovane Colorni di testi che afferiscono a tali discipline e ad altre ancora come il diritto e la filosofia. Per la cortesia della Signora Eva Hirschmann Monteforte, attinge, inoltre, numerosi giudizi da critico letterario involontario dalla corrispondenza dalla prigione e dal confino di Colorni con la moglie Ursula Hirschmann. Due novelle della maturità chiudono, infine, il volume.

 
Eugenio Colorni, “La malattia filosofica” e altri scritti
Eugenio Colorni, “La malattia filosofica” e altri scritti, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, 2020

“La risposta [di Eugenio ad una domanda di Ursula sull’esistenza di “circoli concentrici” di spiegazione della realtà (7 giugno 1939)] è questa: che la malattia filosofica è più difficile a estirpare che si creda, e che si annida nei luoghi e nelle persone più impensate […]. Tutte queste spiegazioni concentriche, sono appunto le ‘filosofie’. Ciascuna coerente in sé, ciascuna ‘vera’ da un certo punto di vista, ciascuna ‘bella’, ‘soddisfacente’, ‘abitabile’; a volte ‘entusiasmante’ […]. Nessuna meraviglia se riescono, soddisfacenti, calmanti, coerenti. Ora prendi ciascuno di questi circoli concentrici, e domandati: che cosa serve, oltre che a darmi tutte queste belle soddisfazioni? E allora vedi che quella bella concentricità e coerenza si spezza, e ciascuno di questi circoli si rivela non più un tutto chiuso in se stesso, ma qualche cosa di staccato, di frammentario. La dialettica serve ad interpretare alcuni fatti dello spirito e alcuni fenomeni storici, e basta […]. La psicologia analitica serve a guarire certe malattie nervose e a capire certi processi mentali anche dell’uomo sano: e basta […]. Kant aiuta la fisica a maneggiare a modo suo il tempo e lo spazio e la causalità. E non serve a nient’altro. Mi domandi se anche io mi inquieto constatando con che facilità il nostro pensiero pensa per analogie che poi prende per fatti. E come, se me ne inquieto! Me ne inquieto da dodici anni e appena adesso comincio trovare il bandolo della matassa”.

 
Eugenio Colorni e Altiero Spinelli, I dialoghi di Ventotene
Eugenio Colorni e Altiero Spinelli, I dialoghi di Ventotene, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, 2018

Di cosa si trattava, nelle forme e nei contenuti, “quello strano e straordinario dialogo” che nel 1939 Spinelli intrattenne con Colorni e che proseguì fino alla partenza di quest’ultimo da Ventotene? La risposta è svelata (in parte) da questi dialoghi “socratici” tra Altiero ed Eugenio, qui raccolti per la prima volta. Perché seguendo il loro rapporto è finalmente possibile avere un’idea concreta dell’evoluzione del confronto culturale tra questi due protagonisti del “gruppo ventotenico”, cioè di quella importante pagina di elaborazione teorica che si è sviluppata parallelamente al dibattito politico federalista che ha portato al “Manifesto di Ventotene”. È una ricerca intellettuale senza confini, che tratta temi cognitivi chiave relativi a numerose discipline (come sistemi, amore, filosofia, scienza, obiettivi e mezzi, antropomorfismo, economia, azione, successo, distacco) affrontati in una forma dialogica molto accessibile, che continuamente sfidano intellettualmente l’interlocutore (e il lettore) in modo spesso divertente. È un’impresa di apprendimento iconoclasta, liberatoria, fantastica che si sviluppa in condizioni quasi proibitive; e da cui, senza dubbio, tutti possiamo imparare molto.

 
Eugenio Colorni, L’ultimo anno: 1943-1944, genesi di una prospettiva
Eugenio Colorni, L’ultimo anno: 1943-1944, genesi di una propsettiva, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, 2018

“Era pronto a lasciarsi permeare da un pensiero e a viverlo vivendolo, con simpatia, per coglierlo. Poi a volte lo capovolge, trasformandolo in qualcosa di ricco e forte, per citare Shakespeare. Se penso a un’intelligenza sconcertante e miracolosa, capace di assorbire anche superstizioni, anche astrologiche o magiche, per trasformarle in un tesoro originale, penso a Eugenio Colorni”.
Guido Morpurgo-Tagliabue, “Ricordo di Colorni”, Aretusa, luglio-agosto 1945.
Eugenio “detesta una federazione per fini economici e di potere, unita dalle diplomazie degli stati. Vede invece una federazione nei termini di un movimento socialista, che nasce dai popoli. E questo è quindi rivoluzionario (come Eugenio detesta i matrimoni combinati, o unioni senza amore, dove si tende a sfruttare, e ridurre a noi stessi, il diverso)”.
Luisa Villani Usellini, “Appunto rapidissimo”, senza data.
“Sartre, Lévi-Strauss, Foucault sono maitre à penser. Eugenio era proprio l’opposto: un critico costante, indagatore, stimolatore. Il fatto che fosse allo stesso tempo homme d’action e penseur critique era forse la sua caratteristica speciale … ”
Lettera non datata di Albert Hirschman a Ursula Hirschmann Spinelli (inizio anni ’70).
“Il pensiero di Colorni era un magma ardente di genio prodigioso che avrebbe investito ogni ambito a cui si erano rivolti i suoi interessi intellettuali”.
Leo Solari, 18 maggio 2004.
“Ricordo Angelo, questo grande scienziato, questo grande studioso, questo grande combattente per la libertà anche come uomo eccezionalmente bravo nelle attività politiche, nella propaganda e nell’insegnamento che lui, anche poco più grande di noi, ci ha dato”.
Giuliano Vassalli, 18 maggio 2004

 

 
Eugenio Colorni, La scoperta del possibile. Scritti politici
Eugenio Colorni, La scoperta del possibile. Scritti politici, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, 2017

Finora esisteva solo una “prima selezione” degli scritti politici di Eugenio Colorni (a cura di Leo Solari). Spesso erroneamente questi testi erano considerati minori da chi era attratto da Colorni per motivi professionali; oppure sono stati presi in considerazione solo in parte, a sostegno delle proprie tesi; oppure furono veramente riconosciuti, nella loro importanza, da alcuni compagni di combattimento di Colorni e da alcuni ricercatori che, però, non li indagarono a dovere. Questi sono scritti politici di grande valore; vengono raccolti qui per la prima volta; e vengono analizzati da un punto di vista inedito – ma, in realtà, onnipresente nella trama del tessuto intellettuale colorniano – punto di vista: “possibilismo”. In altre parole, questi scritti vengono analizzati da quell’angolo di pensiero colorniano-hirschmaniano (che ispira l’”A Colorni-Hirschman International Institute”) che permette, tra l’altro, di interrogarsi sulla rilevanza politica del contributo di Colorni.

 
Marinella Fiume, recensione di Microfondamenta
Marinella Fiume Presentazione di Eugenio Colorni, Microfondamenta. Passi scelti dell’epistolario, a cura di Luca Meldolesi, Rubbettino, 2016 (Giarre, 21 febbraio 2017)

Il libro di cui parliamo stasera comprende passi di lettere scritte da Eugenio Colorni alla moglie Ursula Hirschmann e tratte da un Epistolario raccolto dalla cognata Eva Hirschmann. Sono lettere scritte dal carcere e dal confino tra il 1938 e il 1942, quando Eugenio è trentenne, sottoposte a censura, e sono assai interessanti specialmente sotto il profilo scientifico.
Confesso che inizialmente non avevo gradito il titolo, inusitato per un epistolario, attribuito dal curatore Luca Meldolesi a questa raccolta, ma la lettura delle lettere mi ha poi fatto comprendere che mi sbagliavo e che era questo l’unico titolo possibile, perché in effetti dalle lettere si ricava una sorta di minimo comun denominatore delle opere e del pensiero di Colorni, che confesso di non conoscere perché distanti dai miei precipui interessi e dalle mie competenze disciplinari. E tuttavia, certamente esse costituiscono le fondamenta minime ma necessarie per comprendere il travaglio intellettuale del complesso percorso scientifico, di pensiero e umano dell’autore. Oltre che lo stato d’animo dell’uomo in questi anni cruciali della sua vita e della vita del Paese. E il ruolo della moglie destinataria delle lettere appare fondamentale in questo percorso (“In questo momento sono capace di pensare solo se tu me ne dai lo spunto” – scrive in una di queste lettere).
Emergono in queste lettere, infatti, quelle che sinteticamente possono definirsi le caratteristiche del suo pensiero: laicità, relativismo della conoscenza ed esaltazione del dubbio, antidogmatismo e incapacità di soggiacere a qualunque sistema di pensiero, spirito inesausto di ricerca e sperimentazione (“Ai sistemi preferisco la scoperta”, scrive). È l’humus necessario per uscire da quella che lui chiama “malattia filosofica” e passare alla scienza, ma a quella che allora era la scienza positivistica egli contrappone un atteggiamento che non separa cultura umanistica-letteraria da cultura scientifica. E questo mi pare già una straordinaria anticipazione del dibattito e delle acquisizioni scientifiche più attuali.
Sotto il profilo dell’uomo in carcere e al confino, alcune cose possono apparire comuni con le lettere dal carcere di Gramsci, altre assai differenti. In comune ci sono i libri, l’unica cosa che possono permettere una comunicazione col mondo, col fuori, nello stato di detenzione; l’amore, per la moglie e le figlie, e il desiderio di accorciare le distanze (“stanco di questo continuo scrivere”); l’atteggiamento di fiducia e di speranza malgrado tutto; l’illusoria certezza che la sua condizione dovrà pur mutare; il conflitto tenuto continuamente a bada con la nostalgia; la volontà di superare la depressione e mantenersi vivo malgrado tutto.
Ma c’è in più come un atteggiamento che sa rimanere sempre distaccato, ironico, critico, verso se stesso come verso gli autori letti, il rifiuto di ogni retorica consolatoria, la capacità di smascherare il vecchio nella pretesa novità camuffata dietro parole con la Maiuscola, l’ostilità verso ogni stile come gabbia convenzionale che corrisponde solo a semplificati e banali schemi, lo spirito sperimentalista convinto e antidogmatico del ricercatore che gli fa continuare lo studio della Matematica e della Fisica – di cui “fa indigestione” – e della Biologia.
“La solitudine mi obbliga a far lavorare sempre il cervello”- scrive, e il cervello lavora anche sui sentimenti. Credo che a tutte le donne piaccia il genere d’amore che sentiamo esserci tra lui e la moglie e anche tra lui e i figli. Alla prima si rivolge chiamandola “Moglie e amica mia!” e, quanto ai secondi, dice: “Il vero amore è fare esistere l’oggetto amato. L’errore dei genitori verso i figli” sarebbe invece quello di identificarsi in loro e sentirli come possesso. L’amore – continua – presuppone un atto di coraggio perché esso è “equilibrio instabile, senza certezze e ci vuole coraggio a non essere sicuro del domani”.
In carcere Eugenio Colorni fa il pieno di romanzi e filosofi, ma, a proposito della filosofia, scrive che si può essere attratti da essa per la “paura di essere sporchi o scoperti o per la paura di essere ingannati”, il filosofo infatti “ti promette la tua tranquillità personale”, la morale, mentre lo scienziato ti permette il dominio sulla natura, una conoscenza fine a se stessa anche se i suoi risvolti pratici sono utili al progresso dell’umanità. Occorre dunque liberarsi dalla filosofia, conclude, liberarsi dalla metafisica che rende sacre le parole, liberarsi dalle Maiuscole e dai sistemi che rendono schiavi. Da qui il suo amore per Kant e il disgusto per Shelling, Fichte, Hegel, malati di “malattia filosofica”, ma anche per i più nuovi Esistenzialisti.
Come la filosofia, neanche i romanzi gli “danno molto”: Kafka, Steinbeck, Hemingway, Cervantes, Proust, Mann, li definisce “stilizzati”, nel senso che hanno bisogno della “stampella dello stile” e lo stile è destinato a scomparire; a questi preferisce di gran lunga “autori non stilizzati” perché “artisti maturi” che incidono tanto sulla civiltà e sul presente che non c’è quasi neanche bisogno di ricordarli: come Stendhal, Goethe, Nietzsche. Su quest’ultimo, poi, il giudizio appare superlativo, da qualche parte scrive: “Il libro che avrei voluto scrivere lo ha già scritto Nietzsche”, e io credo che sia molto interessante che lo legga come uno scrittore piuttosto che come un filosofo.
In tal modo, però, con il suo dubbio radicale, con la sua iconoclastia, egli mostra l’immane sforzo fatto per emanciparsi dalla cultura umanistica e scientifica del tempo, rivoluzionando il pensiero alla ricerca di una strada di libertà, a partire dalla cultura ereditata. Libero Pensiero, grande apertura intellettuale, impegno nella vita pubblica costituiscono – scrive il curatore Luca Meldolesi – “l’ideale micro fondamento di una società saldamente democratica” di cui parla Hirschman e – aggiungo io – di cui ancora oggi più che mai c’è grande bisogno!