Venti del Sud n.15 – Settembre 2022

Venti del Sud n.15 – Settembre 2022

L’ascolto e la formazione come chiavi del successo imprenditoriale: un’“impresa modello” del Mezzogiorno vista da vicino

di Paola Cascinelli*

Intervista a Anna del Sorbo, AD di  Idal Group SPA

Anna del Sorbo, una laurea in economia, dottore commercialista, due master, un dottorato di ricerca in corso. Dal 2017 ha ruoli dirigenziali in diverse organizzazioni di rappresentanza, nell’Unione Industriale di Napoli e in Confindustria nazionale. Strategie concrete, aderenti alla realtà imprenditoriale locale, un atteggiamento perfezionista e innovatore. Da outsider che guardava al palazzo con timore, ha saputo trasformare il suo senso di inadeguatezza iniziale in occasione per chiedere a se stessa il massimo. Si è affermata investendo su qualità non del tutto scontate in un mondo competitivo ed elitario: l’ascolto, l’inclusione, la trasparenza, i valori della comunità.

 

Idee chiave

  • Valorizzare la qualità sociale del fare impresa. L’azienda come motore per la crescita del territorio e dell’intero Paese
  • Ottimizzare i processi attraverso l’ascolto
  • Costruire network per la competitività internazionale
  • Associazionismo a servizio delle imprese

 

***

 

Quando mi è stato affidato l’incarico di intervistare Anna Del Sorbo, la prima cosa che ho fatto, da brava pseudo giornalista, è stata una ricerca online. E solo cliccando il suo nome, sono rimasta sorpresa dalla quantità di articoli dedicati a lei (per lo più volti a sottolineare la sua giovane età, l’essere figlia del fondatore e l’essere donna), dai molti post pubblicati suoi social media su contenuti importanti (fare sistema, collegare l’università con le imprese, i giovani, la ricerca) e dalle immagini. Immagini di una bella donna. Professionale. Curatissima.

Sposata, tre figli, laurea in economia, dottore commercialista, due master, di cui uno alla Bocconi, un dottorato di ricerca in corso. Dal 2017 ha ruoli dirigenziali in diverse organizzazioni di rappresentanza, nell’Unione Industriale di Napoli e in Confindustria nazionale. Avvolta in un meraviglioso abito lungo di raso a un galà di beneficenza e in un elegante tailleur rosa con scarpette da ginnastica in missione a Dubai. È circondata spesso da giovani donne nelle uscite “su strada” e da uomini “di una certa età” nelle occasioni istituzionali. Occhi sereni e docili, mai sfidanti. Strategie concrete, aderenti alla realtà imprenditoriale locale, un atteggiamento perfezionista e innovatore. Da outsider che guardava al palazzo con timore, Anna ha saputo trasformare il suo senso di inadeguatezza iniziale in occasione per chiedere a se stessa il massimo. E si è affermata investendo su qualità non del tutto scontate in un mondo competitivo e elitario: l’ascolto, l’inclusione, la trasparenza, i valori della comunità.

 

Un’impresa di famiglia

L’azienda di cui Anna è direttore generale è nata quasi quaranta anni fa dall’intuizione di un uomo che si è fatto da zero, il padre. La Idal Group è un’impresa familiare: oltre ad Anna, lavorano in azienda due dei 5 fratelli, Domenico, amministratore delegato, e Gabriele, ingegnere meccanico.

Antonio Del Sorbo nasce nel 1949, quintogenito di nove figli, da una famiglia patriarcale di produttori e commercianti agricoli. La storia della sua vita parte dal basso, essendo stato lui stesso operaio in più aziende sia pubbliche che private. Dopo aver iniziato nel comparto edile, comprende le potenzialità di interagire con il settore imprenditoriale prevalente nel territorio circostante: la cantieristica navale, trainata dall’allora leader mondiale del comparto crocieristico e militare, la Fincantieri. L’azienda riesce a intrecciare con loro una collaborazione che dura ancora oggi, e negli anni successivi, Idal Group avvia collaborazioni con altri committenti internazionali, come Grimaldi Group, Costa Crociere, Tirrenia CIN e Palumbo Group.

Oggi Idal Group, con un fatturato di 22 milioni di euro nel 2021, è capogruppo di un consorzio di aziende operanti nella progettazione, realizzazione e manutenzione di impianti tecnologici nei settori navale, civile e industriale. Grazie ad un centro servizi interno, assortito di un’ampia gamma di macchinari a CNC e attrezzature tecnologicamente avanzate, l’azienda realizza attività di carpenteria metallica e meccanica, carpenteria navale, manutenzione e refitting navale, allestimento di aree catering, delle lavanderie e delle celle frigorifere. Tutto con l’approccio del “chiavi in mano”, una flessibilità che consente un ampio adattamento alle richieste del mercato e uno sguardo attento alle tecnologie green da installare a bordo.

Gli obiettivi di Idal Group sono competitività, innovazione e qualità dei prodotti e processi. Obiettivi che l’azienda realizza attraverso l’ottimizzazione dei diversi cicli produttivi, il monitoraggio costante di tutte le fasi della produzione, il controllo attento dei flussi aziendali e dei relativi indicatori di performance tramite un sistema integrato di informazioni (anche con i partner aziendali) e una manodopera altamente qualificata. “Il nostro settore richiede la capacità di preventivare e progettare tutto nel minimo dettaglio”, afferma Anna in una precedente intervista.

In un libro da poco pubblicato sulla storia imprenditoriale del fondatore dell’impresa, serietà e onestà vengono descritte come le armi principali per il successo, insieme ad una “forte comunicazione e totale assenza di barriere verso tutti i collaboratori”. E ancora oggi, nel codice etico ben evidente nella pagina web dell’azienda, si sottolinea che la collaborazione reciproca è alla base del successo dell’azienda e che, dal lavoro, ciascuna risorsa deve poter trarre soddisfazione personale e crescita professionale. Sempre nello stesso documento si afferma che “si vuole valorizzare la qualità sociale del nostro fare impresa…come la nostra storia familiare dimostra e impone”.

L’impresa occupa circa 350 dipendenti su due unità ed è vista non come “un bene proprio ma come motore per la crescita del territorio e dell’intero Paese”.

Nel 2016 nasce la prima filiale commerciale estera (Idal Group Canada Inc.) con lo sbarco strategico nel mercato della cantieristica canadese e nordamericana. Nel 2017 un altro importante passo all’estero, questa volta verso Est, in Romania, con una newco a Bucarest (presso il cantiere Vard di Tulcea, per operare sul Mar Nero).

Una “azienda modello”, che nel 2021 apre un nuovo stabilimento nell’area industriale di Salerno e diventa società per azioni. Il nuovo insediamento può contare su 9 mila metri quadrati, è ben collegato con la rete infrastrutturale e risponde alla filosofia aziendale di ricerca costante di ottimizzazione dei processi produttivi con le esigenze dei lavoratori. Il nuovo stabilimento oltre a garantire la massima qualità ed integrazione del processo produttivo, dicono all’Ital Group, vuole “offrire confort costante e ripagante oltre che opportunità formative”. [1]

Le sfide attuali di comparto

La filosofia di “azienda sociale” si traduce anche in un forte senso di responsabilità da parte del management e in qualche preoccupazione, considerando i tempi. I ritorni sugli investimenti fatti per guardare al futuro, in una fabbrica modello, innovativa e sostenibile, stentano infatti ad arrivare dopo due anni segnati dall’emergenza pandemica e dalla guerra in Ucraina, con la conseguente scarsità delle materie prime. Per fortuna, l’Italia si posiziona come primo player al mondo nella costruzione di navi da crociera e navi militari, e nella costruzione di mega yacht di lusso. Ciò garantisce che il comparto sia in qualche modo “blindato” dai vantaggi derivanti dal marchio del Made in Italy. Per fare un esempio noto che dà lustro internazionale alla cantieristica nostrana, l’Amerigo Vespucci, la nave scuola più bella e riconosciuta al mondo, venne varata  a Castellammare di Stabia, nel golfo di Napoli, nel 1931. L’economia del mare, dice Anna, rappresenta il 2% del PIL italiano (dati pre-covid).

Questo patrimonio va però protetto. In soli 10 anni è scomparso un comparto che ha rappresentato la storia della cantieristica navale italiana, quello dei ferry e dei cruise, traghetti volti al trasporto di merci e/o persone. L’ultimo traghetto “made in Italy” è stato costruito 10 anni fa. Da allora la produzione si è spostata in paesi dove la mano d’opera è molto più economica anche se scarsamente qualificata.

Se non si fanno delle azioni di politica industriale ed economica ad alto respiro, il timore della Idal Group è che lo stesso destino del comparto dei traghetti sarà riservato alla cantieristica.

Nel dibattito prevalente si parla di politiche che favoriscano il reshoring, in modo che le aziende ritornino a produrre in Italia, soprattutto al sud. Ma Anna è scettica, anche sulla base dell’esperienza maturata nelle avventure estere finora intraprese. In Romania, ad esempio, la Idal Group impiega una quarantina di persone nella cantieristica navale e il costo della manodopera non sembra essere molto più basso di quello applicato in Italia. C’è infatti una scarsità di manodopera specializzata visto che pochi, sia in Italia che nel resto d’Europa, scelgono questo percorso professionale. Queste maestranze (Anna non ama chiamarli operai) vengono quindi pagate bene, soprattutto nel confronto con quello che capita in paesi come la Turchia o l’Estremo Oriente. In Italia un livello base lordo, un apprendista, costa 2200/2300 al mese. In paesi come Dubai il costo base è di 300 dollari, utilizzando una forza lavoro non qualificata e senza garantire condizioni di vita accettabili. Anna ritiene dunque che bisognerebbe alleggerire il carico fiscale delle imprese italiane per renderle più  competitive sui mercati internazionali.

Dall’altra esperienza internazionale, quella in Canada, Anna trae altri suggerimenti di policy. Il progetto è “abbastanza dormiente” a causa del modo in cui il Canada protegge le sue imprese. La politica del Canadian Content forza chi vuole investire sul territorio nazionale a utilizzare, in una certa percentuale, prodotti canadesi nei processi produttivi. In questo modo blindano il loro comparto produttivo, gli innesti si realizzano solo se a vantaggio anche dell’economia locale, c’è scambio di competenze e le speculazioni vengono ridotte al minimo. Anna non vede politiche simili di protezione delle imprese né a livello nazionale né europeo.

Per rimanere competitivi sui mercati internazionali non sembrano essere sufficienti neanche la specializzazione nell’alta qualità italiana e la piccola dimensione che dovrebbe favorire flessibilità e velocità di reazione alle richieste del mercato.

Oggi le imprese italiane restano competitive solo su target di qualità altissima e ad altissima specializzazione con maestranze formate con attenzione. La qualità paga su prodotti dove c’è ancora un budget alto. Se si vuole ragionare in termini di competitività mondiale, la lentezza della burocrazia italiana, il costo del lavoro, il caro energia rappresentano tutti degli scogli difficilmente superabili, puntando unicamente sulla qualità.

Per quanto riguarda la dimensione, l’essere piccoli e a conduzione familiare può aiutare su alcuni progetti. Questo tipo di imprese funzionano bene nel comparto della manutenzione e riparazione, attività di nicchia dove la qualità, l’organizzazione e i tempi sono fondamentali. Ma parliamo di progetti occasionali. Per i progetti stabili in altri paesi, invece, c’è bisogno di joint venture con imprenditori locali oppure di aggregazioni tra imprese. Guardando anche come si muovono i gruppi e le aziende più grandi, la crescita dimensionale, secondo Anna, può avvenire per network, acquisizioni, e con operazioni di fusione in cui è possibile integrare le competenze dei partner coinvolti.

La politica però sembra essere lontana dalla realtà effettiva vissuta dalle imprese. L’imprenditore probabilmente non conosce la macchina amministrativa, ma può dare molto, secondo Anna, alla politica. “Però oggi chi fa politica, è chi non ha nulla da perdere. Chi ha da perdere se ne sta lontano anni luce”.

Associazionismo

Affermazione interessante da parte di chi, come Anna, ha fatto dell’associazionismo una battaglia quotidiana. La direttrice generale di Idal Group è infatti, dal 2017, Presidente del “Gruppo Piccola Industria” e Vicepresidente dell’Unione Industriali Napoli con delega al Credito e Fisco, Reti d’Impresa, Responsabilità Sociale d’Impresa e Marketing Associativo. Nel 2021 è stata riconfermata nel ruolo con 4 assi tematici: (1) education, formazione e innovazione; (2) internazionalizzazione; (3) credito e finanza; (4) responsabilità sociale d’impresa. Tutti temi all’avanguardia nel dibattito internazionale sulla gestione d’impresa. Nel 2022 è stata nominata Componente del Consiglio Centrale della Piccola Industria di Confindustria Nazionale. È inoltre rappresentante Soci-Aggregati nella categoria Arredatori Navali per Assonave – Associazione Nazionale dell’Industria Navalmeccanica.

In un’intervista del 18 febbraio 2022 ha dichiarato: “c’è bisogno di unione, c’è bisogno di industria, c’è bisogno di istituzioni”. Una posizione un po’ controcorrente per una rappresentante degli imprenditori, che spesso reclamano meno Stato.

L’amore per l’associazionismo, spiega Anna, lo deve soprattutto alla spinta di suo padre. Entra infatti a Confindustria su suo incoraggiamento quando era ancora una ragazza e alla vigilia della prima figlia. Si aggirava per i locali lussuosi dell’Unione Industriale di Napoli con il pancione, alle prese con un ambiente spesso chiuso nei confini della Napoli benestante, arroccato sulle proprie posizioni. All’inizio, racconta di aver avuto vergogna di passare la porta del palazzo, lei che si sentiva troppo giovane, donna, di provincia, con origini umili e non figlia di soci confindustriali.

L’essere sé stessa, come suggerito dal padre Antonio, è stata la strategia vincente per superare le insicurezze. La stessa trasparenza ed immediatezza che ha imparato dal padre, Anna ha voluto trasferirla nel mondo dell’associazionismo. Non nascondendo mai le sue origini, ne ha fatto occasione di crescita e di apertura. Con passo determinato ha voluto fare la sua gavetta nel mondo confindustriale, per crescere professionalmente e far crescere la sua impresa. L’apertura all’altro, l’osservazione, le domande e il confronto con le imprese più piccole e più grandi, sono stati valori guida per Anna che ha in questo modo ottenuto “una formazione di prima linea, in campo”.

Ma fare associazione non significa solo raggiungere degli obiettivi in termini aziendali. Significa anche mettersi al servizio del territorio. Non è detto che un grande imprenditore sia un buon uomo di associazione, dice Anna: “L’associazione non la puoi trattare come la tua impresa, che è più snella, più veloce nell’operatività e dove le decisioni le prendi tu. In associazione, devi rispettare i funzionari, devi rispettare dall’usciere al direttore. E tutto questo è sempre stato nelle mie corde.”

L’altro pregio che l’ha portata a prendere la presidenza e a diventare un punto di riferimento, secondo Anna, è l’ascolto, a cui dedica molto tempo. Si è sempre posta al servizio delle imprese chiedendo “cosa vi serve, come vi posso aiutare, i progetti che stiamo portando avanti bastano? C’è bisogno di altro, abbiamo dimenticato qualcosa?”. La sua è stata una presidenza molto inclusiva, comprendendo che se quel palazzo arroccato non si apre al territorio, non centra il suo ruolo, il futuro dell’associazione non è roseo.

Infine, l’associazionismo è anche un’ottima strategia di miglioramento della competitività del territorio. Le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale sono il luogo che convoglia e che fa circolare le notizie che riguardano il mondo finanziario, il mondo del credito, l’internazionalizzazione, il tema dell’innovazione nel digitale, il 4.0, e dove si costruiscono le reti. Anna ha avuto la delega per due anni alle reti di impresa ed è convinta che le reti orizzontali, per filiera, che si presentano sul mercato internazionale con un pacchetto di prodotti e servizi, possano essere il modo, come detto, di superare la barriera dimensionale e acquisire nuove competenze. Spesso non è un tema compreso a causa della cultura di impresa e del fatto che le aziende, essendo piccole, non hanno le risorse interne da dedicare al progetto. Anche per questa ragione, è sempre più chiaro che bisogna scendere sui territori. Lei stessa ha cominciato a visitare le aziende, avvicinando il centro alla periferia. Perché le imprese “non stanno solo a Piazza dei Martiri.”[2]

Il legame con l’Accademia e con la formazione

Il direttore generale di Idal Group crede fermamente nella formazione dei giovani a quelle occupazioni di alta qualità che, come detto, stanno scomparendo. Sta lavorando, come dirigente di Confindustria ad una scuola dei mestieri, un diploma superiore per operai specializzati, con stage in azienda.

A livello universitario, il gruppo confindustriale da lei capitanato si impegna a promuovere le opportunità di connessione tra l’Università e le imprese. A tale scopo, Anna Del Sorbo è membro del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Napoli Parthenope. Nel dicembre 2021 è stata nominata componente del nuovo Comitato di Indirizzo dei corsi di laurea afferenti al Dipartimento di Economia, Management, Istituzioni dell’Università di Napoli Federico II.

Con quest’ultimo ateneo, l’Unione industriale di Napoli ha firmato un protocollo per delle “lezioni di impresa”. Gli imprenditori vanno in aula per raccontare la propria storia aziendale in modo da aumentare la consapevolezza degli studenti universitari su cosa accade sul territorio, cosa vuol dire essere una PMI e come il tessuto produttivo campano si organizza per filiera. Gli studenti sono spinti a mettere assieme dei project work sui casi presentati, a scrivere tesi di laurea sperimentali e a svolgere tirocini formativi in quelle stesse aziende i cui racconti li hanno ispirati in aula.

Un ultimo interessante progetto formativo è dedicato al gender gap: un progetto pilota nelle scuole medie dell’area napoletana per raccontare le differenze di genere nel mondo del lavoro e come superarle.

 

Conclusioni

Le donne devono credere in loro stesse. Così Anna ha risposto alla domanda su come superare la scarsa presenza femminile in azienda. Pregiudizi e strutture di potere cristallizzate che sfavoriscono le donne sono ancora molto presenti nel mondo del lavoro, tra gli imprenditori e nel mondo dell’associazionismo. Meccanismi assecondati non solo dal genere maschile, secondo Anna, ma anche dalle stesse donne che continuano a preferire un ruolo di secondo piano non fidandosi completamente di loro stesse e delle altre donne. Anna ha avuto la fortuna di vivere in un contesto familiare in cui le hanno raccontato che poteva essere libera di fare qualsiasi scelta e, con impegno e dedizione, avrebbe potuto arrivare ovunque. “Il primo vero problema si ha dentro casa, se non si ha una motivazione forte, se si cresce in una famiglia dove non c’è il sapore di uguaglianza, dove non c’è la parità, la donna parte già con una marcia in meno, che non ce la può fare, che non è all’altezza”. Il suo percorso dimostra che quella inadeguatezza iniziale provata nel confronto “con il palazzo” può diventare la molla per chiedere di più a se stessi, studiare, professionalizzarsi, mettersi in discussione, realizzarsi su più fronti.

 

Idee da ricordare

Investire sull’ascolto, l’inclusione, la trasparenza e i valori comunitari per affermarsi dal punto di vista imprenditoriale e personale

La collaborazione reciproca è alla base del successo dell’azienda. Comunicazione e totale assenza di barriere verso tutti i collaboratori

Le esperienze internazionali rappresentano occasioni per apprendere nuovi modelli e nuove lezioni

Investire nella formazione continua e nella costruzione di legami con le istituzioni educative del territorio è la chiave per ottenere un’occupazione di alta qualità

 

* L’intervista si è svolta il 21 aprile 2022.  Paola Cascinelli è direttrice della sede italiana di una università nord-americana e insegna comportamento organizzativo in contesti multiculturali. Più in generale si è occupata per enti pubblici e privati di ricerca, progettazione e gestione della formazione per lo sviluppo personale, sociale ed organizzativo. Ha una passione per il Mediterraneo, il Meridione d’Europa e le loro potenzialità, con uno sguardo attento all’interazione tra i paesi che si affacciano sul mare blu.

[1] “Abbiamo portato l’arte in fabbrica con cinque murales anche nell’area produttiva, due mense, bar aziendale, area bimbi, scuola di formazione, svilupperemo un giardino pensile e un sistema di energia rinnovabile, nell’ottica di un’economia circolare”. Da un’intervista a Repubblica di Patrizia Capua, 15 maggio 2022.

[2] E in questo si intravede la lezione di Nicola Campoli,  Responsabile Area Organizzazione, Territorio e Marketing  dell’Unione Industriali Napoli, amico e mentore sia per Anna che per chi scrive. “Una persona di grande valore, un patrimonio di umanità e di sapere. Per me è un amico”. Dice Anna durante l’intervista.