ACHII: Lezioncina

ACHII: Lezioncina

ACHII: lezioncina del28.11.2018 di LM

Nascita di una prospettiva, inventata da Eugenio nel bel mezzo della 2nda guerra e sviluppata a lungo da Albert, ma senza che egli abbia potuto esprimerla apertis verbis per una serie di ragioni (caratteriali, di collocazione sociale, di scarsa documentazione della sua vicenda italiana ed europea con Eugenio ecc.). E’ esistita così, questa prospettiva, per allusioni – come “for a better world”,” A Bias for Hope”, “una passione per il possibile” che non a caso sono i titoli che abbiamo voluto dare alle nostre Conferences on Hirschman Legacy.

E’ una prospettiva quella colorniano-hirschmaniana di miglioramento umano, di democrazia liberale federale, di incivilimento world-wide. Un tempo veniva indicata dal socialismo, dall’anarchia ecc. Oggi seguiamo Eugenio: quando gli si domandavo quale era l’obiettivo finale, si metteva a ridere. Diceva: pensa gli obiettivi più belli che puoi pensare – oggi diremmo la libertà, la democrazia, la solidarietà e la fratellanza umana, la giustizia sociale, l’ambiente, l’eguaglianza di genere ecc. Ma – aggiungeva Colorni – per tutto questo è sufficiente l’istinto nell’impostare i problemi. L’attenzione deve essere concentrata sull’oggi, sulla realtà che ci circonda, sui particolari per capire, volta per volta, cosa possiamo fare effettivamente nell’interesse dell’umanità.

Oggi questa bandierina l’ha presa in mano il nostro Istituto internazionale Colorni-Hirschman che è nato da poco per una costellazione di circostanze favorevoli che vorrei enumerare.

  • La prima è molto curiosa. Si tratta (niente meno che!) di uno scontro tra culture. Dopo la scomparsa di Albert si è tenuto a Princeton N.J. un “Memorial” in suo onore a cui Nicoletta ed io abbiamo partecipato. Le carte di Hirschman sono state raccolte in una biblioteca specializzata (la Mudd Library) a disposizione degli studiosi. E poi? Poi nulla. Poco prima del centenario dalla nascita di Albert (aprile 2015) ho telefonato a un’amica comune ed ho domandato: cosa state preparando? Niente, mi ha risposto: si tratta di una ricorrenza privata. Privata? Ma come? Dopo tutto il lavoro che avevamo fatto per tanti anni, i nostri amici americani se ne vogliono lavare le mani? Era proprio così. Perché da loro “così si usa” e per loro era pacifico assumere che tutti avrebbero dovuto fare come loro (provinciali!). E invece no: da noi si usa l’inverso. In occasione del centenario della nascita di Eugenio (2009), si sono tenuti tre convegni “sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica”. In altre parole nella primavera del 2015, quando mi sono reso conto di come stanno le cose, prima mi sono arrabbiato, poi ho cominciato a capire che si trattava per noi di una grande opportunità.
  • E per Colorni? Quale è stata la circostanza favorevole? La risposta è: la legge. Per tanto tempo, con gli Scritti curati da Norberto Bobbio (1975) e poi ripubblicati con maggior cura da Geri Cerchiai (2009) sotto il titolo La malattia della metafisica, è stata avvalorata l’idea dell’Eugenio giovane filosofo socialista alquanto sfortunato sul campo. Certo, in uno dei tre convegni del suo centenario, quello di Roma, questa immagine era stata messa in discussione dal lavoro di alcuni storici. Ma il problema era che gli scritti politici di Colorni (con annessi e connessi di lettere, di dialoghi) non erano mai stati raccolti (probabilmente – mi sembra l’unica spiegazione ragionevole – per non far ombra ad Altiero Spinelli). Ora finalmente la legge, che consente la pubblicazione libera dei testi dopo settant’anni dal decesso (e dunque, in questo caso, a partire dal giugno del 2014) tagliava la testa al toro. Anche da questo lato della questione dunque, quel tornante di tempo – 2014-2015 – svelava l’esistenza di una grande opportunità.
  • Ma poi – terza stella della nostra costellazione – vi era l’opportunità temporale. Per molto tempo, con Albert Hirschman al comando delle operazioni, l’eventualità di creare un Istituto Internazionale non ci era passata neppure per l’anticamera del cervello. Albert aveva una straordinaria capacità di incoraggiare e di mantenere contatti epistolari con un giro vastissimo di intellettuali; anche perché, istituzionalmente, ne riceveva ogni anno un bel gruppetto all’Institute for Adavacend Study (la nota università per professori fondata da Einstein). Ma ora che era scomparso, cosa sarebbe accaduto a tutta questa “semina”? Non si sarebbe dispersa rapidamente? Nell’isolamento, cosa avrebbe potuto combinare ciascun hirschmaniano del mondo intero? E le nuove leve, come avrebbero potuto avvicinarsi all’impostazione colorniano-hirschmaniana? Furono queste considerazioni che, più di ogni altra, ci hanno spinto a lavorare sodo per non mandare in malora il lavorio di tanti anni. Non era sufficiente a nostro avviso un qualche premio Hirschman o una cattedra in suo nome. Ci voleva ben altro: un’attività intensa di vasi comunicati: d’informazione, collegamento, incoraggiamento a livello internazionale.
  • D’altra parte, esiste anche il lato soggettivo della questione. Alcuni miei ex-allievi, Nicoletta ed io avevamo lavorato a lungo in Italia accompagnando, per così dire, la prospettiva colorniano-hirschmaniana. Oggi desideriamo che essa continui a prosperare, ma nello stesso tempo ci siamo resi conto che per età, condizione professionale, limiti dell’esperienza trascorsa ecc., l’acquisizione di una dimensione generale era effettivamente possibile, anzi benvenuta. Il lungo lavoro di formazione era ormai sbocciato in effettiva capacità direttiva (di imprenditori, dirigenti, manager, professionisti ecc.): avrebbe potuto darci una mano. L’accostamento ad Hirschman che ci aveva aperto tante strade in Italia e all’estero avrebbe potuto rigenerarsi: proseguire sotto altre vesti. A patto, naturalmente, di prenderci noi sulle spalle la responsabilità dell’iniziativa.
  • Ultima stellina: perché il Sud, l’Italia, Roma. Sarebbe lungo da spiegare. Come prima idea sarà sufficiente dire che la natura stessa del Paese lo candida (più di tanti altri) a svolgere una funzione di “contestazione” dello stato di cose presente e di “cerniera” tra grandi zone del mondo: sviluppate ed in via di sviluppo – dove contestazione e cerniera sono per l’appunto due concetti chiave della politica di Eugenio da usare insieme. La seconda idea è che la storia e la cultura italiane ci offrono questa opportunità – come paese chiave della bellezza e dell’incivilimento. La terza è che la diaspora italiana, alimentata un tempo dalla necessità di sopravvivere ed oggi sempre più dal desiderio di conoscere e di migliorare la propria condizione, ha creato attorno all’Italia in giro per il mondo un alone di simpatia, di curiosità e di amicizia che un’iniziativa come la nostra deve saper recepire ed incrementare.

Conclusione. E’ accaduto così che nonostante le nostre numerose défaillances (che conosciamo a memoria), alla Conferenza di Boston del 2017, a quella di Washington del 2018, e nella preparazione già iniziata di quella di Berlino del (2019) è l’iniziativa dall’Istituto di via del Boschetto in Roma che ha fatto la differenza… Speriamo di confermarla ancora: passo dopo passo.