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“Giunto al fin della licenza, io tocco…” dice il Cirano di Bergerac infilzando il malcapitato avversario… Tocco a chi (nel senso di scemo)? Cosa posso dire al termine di questi tre mesi americani? Con quale conclusione prendiamo, Nicoletta ed io, la strada del ritorno?
Insomma – potrebbe arguire a questo punto un eventuale lettore (magari infastidito da questo continuo “scribacchiare”) – puoi dirci in poche parole cosa sarebbero, ed a cosa servirebbero, queste famose “Prospettive mediterranee”?
Forse fin da ragazzo in Sicilia, ho pensato che, per contribuire a sollevare il nostro mondo, avrei avuto bisogno di un argano… A tale scopo, Nicoletta ed io cercammo, ad un certo punto, di installarci in Inghilterra, poi in Francia, più tardi in Germania – senza successo. La ragione era (ed è) che quelle grandi potenze nazionali europee accolgono (cum judicio) ella/egli, solo se accetta di essere cooptato al loro interno voltando le spalle al suo paese d’origine… Per gli Stati Uniti è stato diverso…
Per concludere, vorrei elencare rapidamente qualche punto, da discutere insieme. Spero di aver chiarito a sufficienza che il processo di “re-centrage” americano (ovvero la ritirata graduale degli Stati Uniti rispetto alla loro tradizionale predominio su buona parte del pianeta) è un aspetto importante per comprendere come vanno effettivamente le cose, quotidianamente, nel mondo che ci circonda. Per illustrare ancora una volta tale affermazione scelgo due esempi di attualità – l’uno internazionale, l’altro “domestico”.
Come dare un’idea (in una paginetta!) di un processo storico di grande spessore, che – faute de mieux – chiameremo di auto-concentrazione? Si manifesta per gradi, in ogni ambito, ma con numerose soste; per poi riprendere più oltre, sotto altre vesti, – cosicché spesso non lo si avverte nemmeno; e lo si coglie davvero soltanto in seguito, voltandosi a riflettere su ciò che è accaduto.
Esprimo un desiderio. Invece di chiedermi tambur battente “dove andiamo a finire”, vorrei che qualcuna/o ragionasse all’inverso. Aspetti un momento – mi dicesse. Perché lei si riferisce a chi lavora a metà strada (in between)? Perché vede, risponderei, le donne e gli uomini sono organizzati tipicamente in verticale, a forma di piramide.
Cari amici, come sapete, in questa parte del mondo gli inverni sono lunghi, e alla fine… snervanti. Solo da qualche giorno si sente nell’aria un soffio di primavera. Se penso alla seduzione inebriante della zagara o ai mandorli in fiore dell’agrigentino, mi mangio le mani e comincio ad aver voglia di casa. Mancano tuttavia due settimane alla nostra partenza.
Per introdurre il mio terzo passo, riprendo rapidamente di discorso dal tradizionale sogno rivoluzionario: “liberté, egalité, fraternité” (a cui naturalmente possiamo aggiungere fine del razzismo, gender, ambiente, sostenibilità ecc.)
Perché ne siamo ancora così lontani?
Da sempre l’umanità si interroga sul proprio futuro. Tutti vorrebbero sapere cosa succederà (o potrebbe succedere). Da qui l’importanza dei presagi. Gli etruschi, a quanto pare, erano assai esperti in quell’arte della previsione. Scrissero dei libri sull’aruspicina basati (forse) sul volo degli uccelli, ci informa Cicerone; libri che però non ci sono pervenuti…
Cuius regio, eius religio? Beh, non è proprio così. Si tratta di una vicenda di lungo periodo. Il primo monoteismo mediterraneo, com’è noto, è stato quello ebraico. Poi con la conversione di Costantino il grande (la cui statua, ricostruita partendo da qualche frammento superstite, oggi campeggia a Roma nei giardini del Campidoglio) si verificò la conversione dei cittadini dell’impero romano, che (non lo si dimentichi) facendo perno per l’appunto su Bisanzio-Costantinopoli durò ancora mille anni. Ma, dal vii° secolo in poi, la religione cristiana si trovò a dover fronteggiare una possente religione monoteista concorrente, quella musulmana…
Quand’ero ragazzo, Catania si gloriava del titolo di “Melano d’o Sud”. E proprio da Catania ci è giunta ora, per la nostra rubrica on line Venti del Sud (www.effeddi.it), una bella intervista a Salvo Sichili, raccolta da Laura Fantini. Ho scritto a Salvo che un esempio concreto può essere più convincente di tante parole. Infatti nel mezzo secolo (e più) in cui ho seguito le vicende del Mezzogiorno, di parole se ne sono sprecate molte. Ricordo che sul finire degli anni ’60 del secolo scorso si cominciò a sostenere che l’Italia si avvicinava ormai alla piena occupazione. Non è così, sostenni in un libretto di allora, mettendo in evidenza il basso (e decrescente)..
Caro Paolo, cari amici, com’è curiosa la memoria! Leggendo l’email (bella, divertente e utile) di Paolo DN che segue, mi è tornata in mente una conzoncina della mia infanzia positanese, “Scalinatella saglie in cielo e scinn’a mare” che a un certo punto dice: “illa s’è nnammurat’ e ‘no pittore ca’ pitta Capri e parla forestier’”. Dobbiamo parlare di questo pittore; del Grand Tour; o dei grandi – tipo Wagner e Nietzsche – che sono venuti in Costiera a guarire anima e corpo (diceva Camus); oppure di Gore Vidal? Non credo: neppure se fossero stati dei grandi italici. Non mi pare che dobbiamo mettere “il sale sulla coda” di nessuno. Accettiamo pure la loro maggiore “reversibilità” (che ha evidentemente ragioni strutturali, proprie della piramide umana in cui viviamo). Il nostro compito è un altro: mostrare ad…
A Boston, cari amici, viviamo un paradosso quotidiano. Da un lato, come vi dicevo, approfittiamo di una vita calma, riflessiva, studiosa; dall’altro non possiamo fare a meno di accorgerci che il mondo va di fretta. Bella scoperta, basta pensare alle tecnologie! Eppure, un anno dopo l’altro, il cambiamento ci fa impressione… Ad esempio, vi ricordate il famoso “vado a fare shopping” all’americana? Bene, qui non c’è quasi più! Capisco così i tanti turisti che sotto casa a Roma si avventano con trasporto a far visita ai cento negozietti (sbucati dal nulla proprio per loro). Sono malati di nostalgia…
Casalinghi a Boston? Ebbene sì. Mi è tornato in mente Sam Bowels a Siena. Questo allievo talentuoso di John Galbreith, faceva la mia stessa professione (economista teorico). Negli anni ’60 del secolo scorso amava “visting” Siena perché mi diceva “qui ogni giorno è uguale all’altro”. In un certo senso, potrei dire la stessa cosa per il visiting di Nicoletta e mio presso il Boston College di oggi. Scendo di casa la mattina per acquistare il NYT nel negozietto di un esule siriano che vuole imparare qualche parola di italiano. Bella giornata, gli ho detto oggi. Intendevo dire: fredda sì, ma con il sole. Bella giornata mi ha risposto. Poi risalgo: leggo, penso un po’ al mio prossimo libro, scrivo una paginetta-bollettino…
Cari amici, per aprire la seconda serie di questi mini-bollettini da lontano, ho pensato di trascrivervi alcuni spunti di un mio scambio con Vinni sulla tematica sollevata da “Lunga vita a National Power!”. Perché, se (come mi ha scritto) sono serviti a lui, potrebbero essere utili anche ad altri. Naturalmente, lascio al mio interlocutore, se ne ha tempo e voglia, l’onore di chiarire il suo punto di vista (e magari anche la sua evoluzione)…
Sono smemorato (peggio di Biden). Ma per quanto cerchi nella memoria, non ricordo un momento più favorevole agli americani-italiani e all’Italia filo-atlantica negli ultimi quarant’anni. Sarà il pericolo del Trump alle porte. Sarà il ricordo (ed il desiderio) di vacanze italiane. Saranno i progressi della componente “italica” degli Stati Uniti – soprattutto delle donne (si pensi all’onnipresente Taylor Swift di famiglia salernitana, che porta felicità nelle case americane; oppure alle veterane come Geraldine Ferrero e Nancy Pelosi che stano varando un’associazione ad hoc)…
Mi ha scritto Vittorio Coda, commentando il Bollettino 5 (Il fattore Deng): “L’effetto drappo rosso forse ha avuto la sua parte anche nell’affermarsi (negli USA) e nel dilagare planetario della cultura neoliberista[1] nell’accademia (dipartimenti di economia e business school), nella politica, nella business community.
Un bel giorno Albert Hirschman mi disse: “una giornalista mi ha domandato: ma queste idee, professore, come le vengono in mente… Cosa gli avresti risposto?” Non me lo ricordo, ma certo quella domanda mi mise in imbarazzo. Ed è tipico che mi torni in mente adesso che ho deciso di elencare alcuni piccoli segreti del mio e del nostro lavoro…
Faccio un passo indietro. Cosa avevo veramente in testa – mi sono domandato – quando ho scritto (nel B2 Cultura) che “abbiamo bisogno di una grande svolta intellettuale e di comportamento; di un’energia prorompente che essa potrebbe sprigionare – per utilizzare urbi et orbi, nell’interesse del genere umano, il meglio della nostra cultura teorico-pratica…”? Beh, – mi sono risposto – per averne un’idea, basta…
Nella East Coast, cari amici, si vive oggi con la mannaia-Trump che ci penzola sulla testa. Cosa succederebbe se Putin riuscisse a sfondare in Ucraina perché il Partito Repubblicano sta impedendo il rifinanziamento delle armi che le sono indispensabili? E cosa succederebbe se Trump, diventato Presidente decidesse (come ha minacciato di fare) di far uscire gli Stati Uniti dalla Nato?…
Cari amici, a commento del Bollettino n. 2 (Cultura), Vittorio Coda mi ha domandato: “perché è stata persa la grande occasione del 1989? Perché tanta miopia? Forse perché era in pieno svolgimento la sbornia neoliberista?” Certo, quella sbornia non è stata buona consigliera. Ma la vicenda, se non vado errato1, è molto più intricata di così. Com’è noto, la svolta neoliberista si è affermata nella cultura economica americana…..
Il lavoro di Chesbrough (et al.) è stato indubbiamene un elemento scatenante del nuovo interesse per le innovazioni che si è diffuso nel Mezzogiorno negli ultimi anni. Così arrivando negli Stati Uniti Nicoletta ed io ci siamo domandati inevitabilmente: a che punto siamo con l’Open Innovation (OI)? L’abbiamo spiegato nel Taccuino n. 4, 2023 (erroneamente denominato…
“Del futur non v’è certezza” – dice il poeta. Sì, d’accordo… – dialogo con me stesso. Ma cosa vedo oggi nella palla di vetro? Francamente, continuo a vedere una tendenza al ripiegamento, al recntrage degli Stati Uniti. E’ di ieri, tanto per dirne una, la notiziola della decisione di ritirare 2.500 truppe dall’Iraq su richiesta di quel governo, ufficialmente perché il pericolo dello Stato Islamico è venuto meno (anche se l’altro giorno ha messo una bomba a Teheran che ha ucciso più di cento persone); ufficiosamente perché quel contingente è diventato un target preferito dei numerosi attacchi delle milizie…
Eh sì, m’è venuto da esclamare tra me e me: si fa presto a dire terroristi (intendendo gruppetti di fanatici islamici che bisogna semplicemente annientare). Già dopo la distruzione delle torri gemelle, chi avesse voluto cercarne le radici le avrebbe trovate in Egitto un secolo fa. Ma poi abbiamo dovuto subire la ricerca dell’ago nel pagliaio, dall’Afganistan all’Iraq; le gesta dello Stato islamico; la guerra civile siriana che ha distrutto un’intera primavera. Infine ci è stato spiegato che non esisteva più una vera…
Già in aereo, Nicoletta ed io abbiamo cominciato ad appassionarci. Perché mentre leggevamo il NYT tra le nuvole, “pregustavamo”, per così dire, il piacere di vedere (di imparare, di capire) più Stati Uniti e più mondo – da un lato atlantico e dall’altro pacifico, dal lato sud e dal lato nord – di quanto riusciamo ad osservare da casa nostra.
In poche decine d’anni la situazione mondiale è profondamente mutata. Ci siamo andati svegliando poco a poco in un contesto molto diverso da quello che credevamo di avere, ed a cui eravamo abituati. Dopo l’ubriacatura democratica che ha seguito la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione del comunismo europeo, è emersa per gradi la verità di un pianeta a prevalenti direzioni autoritarie (di diversa natura). Dall’alto in basso, si è cominciato a parlare di diarchia americano-cinese, poi gradualmente abbiamo scoperto una moltitudine di altre……
Cari amici,
siamo nati e cresciuti in un mondo molto più stabile dell’attuale. Con la caduta del muro di Berlino sembrò stabilizzarsi ulteriormente. Ma era un’illusione. Infatti si stava gradualmente verificando una perdita progressiva di quella stabilità.
Accade così che le nostre abitudini siano messa a dura prova. Siamo condannati a rimpiangere la perduta stabilità (insieme alla gioventù) – potremmo domandarci ironicamente?…
“Spendere meglio è possibile – così si concludeva il ragionamento dell’omonimo volume (1992, p. 135) – se gli italiani lo desiderano, se riescono a contagiarsi l’un l’altro del bisogno di viver meglio come collettività, se riescono a mettere in moto un processo interattivo…1-L’incontro con la storica “pensée de Midi”, quella di Gabriel Audisio e di Albert Camus (1936-54), è stata…….
Tre tesi e dintorni è un piccolo dossier scritto perché il rannuvolamento della situazione complessiva (Brexit, Trump, il gruppo di Visgrad ecc. ecc. fino a noi) mi aveva fatto temere di perdere la Trebisonda (forse dicevano nell’Ottocento i naviganti del Mar Nero): ovvero L’ORIENTAMENTO. Così ho…
“Spendere meglio è possibile – così si concludeva il ragionamento dell’omonimo volume (1992, p. 135) – se gli italiani lo desiderano, se riescono a contagiarsi l’un l’altro del bisogno di viver meglio come collettività, se riescono a mettere in moto un processo interattivo…
Albert aveva passato le settantina; io mi avviavo ormai alla svolta dei cinquant’anni. Avevo curato ed introdotto la pubblicazione di AOH L’economia politica come scienza morale e sociale (Liguori 1987), un primo libro “napoletano” che contiene anche un mio saggio – “Alle origini…
Cari amici, per quanto riguarda Nicoletta e me, il lungo viaggio di cui parleremo a Napoli in 14 dicembre, (nell’incontro in onore di Albert Otto Hirschman che abbiamo voluto chiamare “Riforme interiori e passione per il cambiamento dal Mezzogiorno all’Italia”) è iniziato nei primi…