Bollettino n 2.8 Quattro passi nel futuro II

Bollettino n 2.8 Quattro passi nel futuro II

Quattro passi nel futuro (II)

c) Per introdurre il mio terzo passo, riprendo rapidamente di discorso dal tradizionale sogno rivoluzionario: “liberté, egalité, fraternité” (a cui naturalmente possiamo aggiungere fine del razzismo, gender, ambiente, sostenibilità ecc.) 

Perché ne siamo ancora così lontani? 

Perché, sembrano suggerire i due passi precedenti, l’intraprendenza imprenditoriale non riesce a penetrare davvero il vasto “ventre dipendente ed assistenzialista” dell’umanità e perché essanon ha ancora acquistato una vera responsabilità pubblica. (Da qui la nostra formula dell’iniziativa privata d’interesse pubblico, con un duplice significato: è necessario imparare ad accollarci tale, decisiva responsabilità, e, contemporaneamente, dobbiamo “mandiarlo a dire”, alle simil-aristocrazie culturali, amministrative, politiche e militari di turno, che andremo d’accordo soltanto se esse porranno l’interesse pubblico – e non il proprio particulare – nel cuore stesso delle loro rispettive attività).

E nel frattempo? 

Dobbiamo continuare a sorbirci i sistemi nazional-imperialisti che dominano il mondo in cui viviamo?

Certo, dobbiamo partire dalla situazione, spesso poco allegra, in cui ci troviamo. Ma nessuno ci impedisce di agire in controtendenza, magari facendo appello a processi positivi dal nostro punto di vista, che pur esistono. Braudel diceva che tutta la storia umana deve essere utilizzata per spiegare il presente. D’accordo – risponderei. Ma senza determinismi Le cose non sono andate perché era inevitabile che andassero come sono andate. Sono andate (come sono andate) perché le donne e gli uomini hanno permessero che così andassero. Non solo: mi permetto persino di capovolgere il punto di vista di Braudel e di sostenere che se il passato deve illuminare il presente, deve anche aiutarci ad immaginare il futuro.

Allora la nostra domanda diventa: esiste nel piccolo e nel grande una tradizione di pensiero, alternativa a quella nazional-imperialista, a cui far riferimento?

Esiste: è quella del federalismo democratico con cui abbiamo intitolato il nostro sito italiano.

E’ una tradizione “carsica”, che compare e scompare, anche per lunghi periodi, versatile, che spesso risulta subordinata a quella nazional-imperialista dominante, e che va quindi ripescata per poter riemergere. Ne fanno fede le miriadi di storie di comunità, in tutti i continenti. 

E’ una tradizione che si eleva talvolta al livello della grande storia. Per accennare solo a qualche esempio: nel mio Prospettive mediterranee ho voluto “celebrare” (innanzitutto) il federalismo democratico arcaico – etrusco, italico, magno-greco, fenicio – dei tanti secoli d’incivilimento che precedettero l’avvento di Roma nella nostra parte del mondo. Inoltre, in epoca moderna, una forte spinta democratico-federale e scaturita indubbiamente dalle grandi rivoluzioni liberali dell’Inghilterra, della Francia e degli Stati Uniti che, nonostante i loro effetti benefici, in seguito hanno dovuto “venire a patti”, in varie maniere, con la logica tradizionale nazional-imperialista, fino a noi. 

Infine, nel nostro Risorgimento il pensiero federalista democratico ha avuto un ruolo di primo piano, soprattutto per merito di Cattaneo e di Garibaldi. Ed anche nella Resistenza italiana è sbocciato ad un certo punto il federalismo democratico: europeista ed universalista…  

d) Sì, d’accordo – potrebbe interrompermi qualcuna/o. E’ vero: l’ONU e comunque più utile della Società delle Nazioni. 

Nessuno vuol tornare indietro: il problema è come andare avanti… 

Non è facile capire come stanno le cose – risponderei. Ad un certo punto, Nicoletta ed io abbiamo cercato di andare a fondo alla questione studiando (e visitando da vicino) i federalismi democratici americani, australiani, canadesi. Ho scritto qualche libro che vorrei riprendere. Comunque, ho capito che il federalismo democratico e l’imprenditorialità, in quanto tali, non sono sufficienti ad aprire l’abra cadabra del futuro. E’ indispensabile un terzo elemento: una volontà collettiva che ci aiuti ad uscire gradualmente dalla piramide nazional-imperialista interna ed esterna, partendo dalla situazione concreta in cui ci troviamo.

 In questo momento, dopo una serie incredibile di errori, l’Occidente è sulla difensiva. Gli Stati Uniti sono impegnati nel recentrage delle loro forze, mentre paesi autoritari di diverso grado, come la Russia, la Cina, l’Iran (e forse un domani l’India) provano ad avvantaggiarsene sul piano militare, economico, politico. E’ una classica (e pericolosa) situazione di rivalità tra potenze nazionali. Per questo sostengo da qualche tempo che è indispensabile “tamponarla”, “bloccarla”: per evitare all’umanità un enorme balzo all’indietro, guadagnare tempo ed impostare correttamente politiche di superamento democratico dello stato di cose presente. 

La situazione è in bilico. Gli Stati Uniti ondeggiano tra la tentazione autoritaria che imiterebbe mutatis mutandis quella dei grandi paesi concorrenti e rinnovare invece una spinta democratica che risponda alle passioni e agli interessi di vaste zone dell’umanità. 

Bisogna aiutarli a scegliere questa seconda strada. Anche gli americani/italiani e gli italiani possono avere in proposito un ruolo positivo.

Esiste infine la funzione d’avanguardia del magnete colorniano. Perché chi riesce a spingersi in avanti con risultati pionieristici corrispondenti, anche parzialmente, al grande sogno umano di cui si discorreva può diventare l’ispiratore di mille e mille iniziativ promettenti…

Luca

Der Alten Mann 

(mi fermo qui)