Venti del Sud n. 2 – Dicembre 2020

Venti del Sud n. 2 – Dicembre 2020

Fare impresa al Sud: costruire e non aspettare. Il caso Selcom S.p.A.

Coraggio, ambizione e la volontà di coltivare i talenti del territorio

di Roberto Celentano*

 

Massimo D’Esposito

40 anni, laurea in economia, è fondatore e amministratore unico di Selcom S.p.A., azienda leader italiana nel campo dei servizi e dell’integrazione di sistemi per il controllo, la sicurezza e le comunicazioni. In 20 anni ha portato la sua impresa da un piccolo ufficio sotto casa ad una organizzazione capace di servire l’intero territorio nazionale. Con oltre 100 risorse umane impiegate – tra dipendenti e collaboratori, formati su diverse tecnologie e presenti su tutto il territorio nazionale – e un fatturato di oltre 10 milioni di euro, l’azienda è oggi strutturata in tre aree geografiche (Area Nord, Centro e Sud Italia). Alla crescita di Selcom ha contribuito in modo determinante la capacità di coltivare giovani talenti del territorio, implementando metodi frutto di intuizioni originali e contaminazioni insospettabili.

Idee chiave

  • Avere fiducia nella propria forza e in chi ci sta accanto per seguire un’intuizione
  • Il metodo “Solera” per far crescere i talenti all’interno di una vision condivisa
  • Trovare e coltivare giovani in gamba utilizzando la “Cantera”, come il Barcellona calcio
  • La leva del riscatto

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Da un piccolo ufficio sotto casa a un capannone industriale

Tutto ha avuto inizio durante il periodo della tesi di laurea in economia (1999). La tesi riguardava dieci casi di aziende di successo in Campania, che si contraddistinguevano per novità, tecnologia e gestione. Visitando queste aziende mi innamorai del concetto di impresa, del costruire un progetto attorno ad un prodotto o ad un servizio. In quei tempi papà lavorava in Alenia come responsabile dell’avionica di bordo degli aerei e nel tempo libero realizzava qualche impianto antintrusione e qualche impianto radio per istituti di vigilanza. Ci venne l’idea di aprire una ditta individuale in cui lui progettava e montava gli impianti e io gestivo la parte amministrativa e commerciale. Inizialmente l’ufficio era casa, era la mia stanza. I primi materiali li tenevo sotto il letto. Poi nacque l’esigenza di trovare uno spazio più grande e adatto. Trovammo un ufficio vicino casa, che ci sembrava enorme, invece in breve tempo divenne abbastanza piccolo. Poi ho acquisito un capannone industriale e ho iniziato a fare i primi lavori un po’ più importanti, a partecipare alle prime gare pubbliche. Incominciammo ad avere dei clienti più strutturati, i principali istituti bancari di Napoli, a lavorare per delle grosse società per cui facevamo gli impianti di sicurezza, di antintrusione e videosorveglianza”.

Progetto-Impegno-continuo-Terra-dei-Fuochi-Selcom-S.p.A.

Queste sono le prime parole con cui Massimo D’Esposito, amministratore unico, descrive le origini di Selcom S.p.A., che oggi è diventata leader italiana nel campo dei servizi e dell’integrazione di sistemi per il controllo, la sicurezza e le comunicazioni. Selcom si occupa sia della realizzazione di un nuovo sistema, che della modifica e manutenzione di un sistema già esistente, al fine di aumentarne il valore e la potenza. In questo contesto è di fondamentale importanza la “Divisione Ingegneria e Progettazione” dedicata alla realizzazione, gestione e manutenzione di innovative soluzioni progettuali. L’azienda ha tre sedi, la principale a Casavatore (Na), di circa 2500 mq, poi una a Roma e una a Milano. I dipendenti sono più di 70 e il fatturato è di oltre 10 milioni di euro.

Un obiettivo per tracciare la rotta e rompere il tetto di cristallo

Massimo sta strutturando la società in modo da raggiungere tutto il territorio nazionale, con l’obiettivo di riuscire a portare Selcom ad essere riconosciuta non per una sede specifica ma come azienda affidabile per il servizio offerto. È un compito difficile, perché nel settore della sicurezza le società sono riconosciute in funzione dell’appartenenza ad un certo territorio, ed essere napoletani ha rappresentato, almeno inizialmente, una grossa penalizzazione.
Cinque anni fa l’azienda aveva raggiunto un fatturato di circa 3-4 milioni di euro. Era il massimo che si poteva ottenere sul territorio campano. Con i suoi collaboratori Massimo D’Esposito iniziò a ragionare sulla possibilità di aprire una sede a Roma e una a Milano, in modo da presidiare di più l’intero territorio italiano e conquistare nuove fette di mercato. Tutto questo fu fatto con grande sacrificio economico e psicologico. Così racconta Massimo:
A quarant’anni rimettersi in gioco non è semplice. Aprire questi nuovi uffici ha richiesto un passo indietro, ricominciare daccapo. Inizialmente su Roma mi sembrava di aver fatto un passo indietro, eravamo io e la segretaria. Mi ritrovavo a Napoli con un ufficio strutturato e con tante persone, mentre a Roma ero nuovamente solo. Col tempo i sacrifici mi hanno ripagato e siamo riusciti a fatturare, sulla sola filiale di Roma, 2-3 milioni di euro. Dopo Roma ho aperto anche a Milano”.

Individuare e coltivare talenti è questione di “metodo”

Oggi Selcom è diventata un gruppo, perché oltre all’impresa che si occupa di sicurezza c’è un’altra (Integra Solutions) che si occupa di sviluppo software e della realizzazione della piattaforma informatica su cui girano i sistemi della sicurezza. Il software è totalmente napoletano perché per lo più realizzato da ingegneri provenienti dall’Università Federico II di Napoli e dall’Università di Salerno. Per la formazione del personale seguono un metodo che Massimo definisce “Solera”, ispirandosi ad un’azienda che crea rum e distillati:
Solera ha delle enormi botti di legno e ogni anno il nuovo distillato viene caricato da sopra, mentre la raccolta avviene da sotto dopo che il rum è maturato. In questo modo nel tempo il rum ha un unico gusto ed è riconoscibile. Allo stesso modo facciamo con il nostro personale, lo facciamo formare internamente in modo che nel tempo la mentalità acquisita sia sempre la stessa, la nostra”.

Reperire manodopera specializzata è difficile, racconta Massimo.
Adesso stiamo facendo come le squadre di calcio: stiamo coltivando la cosiddetta ‘cantera’ (è un termine utilizzato in Spagna e in altri paesi per indicare le scuole giovanili, in particolare di calcio, gestite dalle società sportive). Abbiamo fatto dei protocolli d’intesa con alcune scuole. Ogni anno con ragazzi neodiplomati iniziamo un percorso: fanno un periodo di sei mesi di stage retribuito e dopo, se a loro piace il lavoro e noi li riteniamo validi, lo stage si trasforma in un contratto di lavoro vero e proprio. Sulle risorse più interessanti facciamo un investimento anche a due anni, in cui la formazione che diamo li fa crescere sempre di più. Per questo abbiamo istituito “Selcom Academy”, un luogo fisico e virtuale all’interno del quale i nostri dipendenti possono condividere e sviluppare conoscenze, saperi e tecniche attraverso il supporto dei lavoratori più esperti e di formatori professionisti. Questo percorso favorisce la crescita delle competenze e quella personale del dipendente e, con essa, la crescita dell’azienda. Poi, però, succede che quando lavori con grossi enti (come ENI) questi ragazzi da noi formati, che diventano bravi rispetto alla media del settore, siano presi dall’ente stesso. Tutto questo diventa un problema che ci costringe a stare sempre sul pezzo, a non allentare la ricerca di talenti”.

Per crescere è necessario innovare

Oltre ai circa 70 dipendenti interni c’è tutto un microsistema di società che lavorano per Selcom. Alcune di queste lavorano da anni in esclusiva per loro, in una sorta di business partners community. Complessivamente si possono contare un’altra settantina di persone di indotto e qualche consulente.
In più di 20 anni di esperienza Selcom ha progettato e implementato, infrastrutture tecnologiche di Security & Communication per clienti di primaria importanza nel panorama nazionale ed internazionale, assicurando in esercizio, la manutenzione e curandone gli sviluppi evolutivi, garantendo così la continuità del servizio anche dopo l’implementazione dei progetti. Selcom si occupa della manutenzione della sicurezza degli uffici postali in quattro regioni (Sardegna, Valle D’Aosta, Piemonte e Liguria), della manutenzione della sicurezza di ENI, Terna, Enel. Stanno completando un progetto di videosorveglianza urbana per tutto il territorio della regione Molise. Hanno completato il sistema di videosorveglianza urbana della città di Lecco, Bergamo e della maggior parte dei comuni della zona del casertano (della cosiddetta “Terra dei fuochi”). Stanno realizzando la messa in sicurezza della zona industriale di Potenza. A Roma curano la sicurezza di Acea, del Poligrafico, di un palazzo del World Food Programme dell’ONU.

Proprio perché il settore della sicurezza – sostiene Massimo – non consente crescite enormi stanno cercando di differenziare l’attività, e la parola d’ordine è digital evolution.
Abbiamo fatto dei lavori particolarmente innovativi, su cui ci proviamo come società, anche per capire se possono diventare importanti e un vero business. Uno in particolare riguarda il comune di Napoli dove abbiamo realizzato un’auto dotata di telecamere e sensori che cammina per le strade e fa la georeferenziazione e la segnalazione dello stato di tutto il manto stradale, individuando buche e altri problemi. Questi dati vengono messi su una piattaforma ed elaborati. Il software valuta lo stato di degrado del manto stradale ed esprime il tipo di intervento necessario per risolvere il problema. Tutto questo avviene in forma automatica e digitale. Ovviamente poi è necessario che qualcuno intervenga a riparare il danno”.
Un altro lavoro in tema di digitalizzazione lo hanno fatto per Postel, sistema meccanografico che sta a Milano e che si occupa della stampa delle carte di credito e del pin associato a ciascuna carta. Selcom ha realizzato la piattaforma che gestisce i tempi e i sistemi, dando l’abilitazione al personale di entrare o no nei locali a seconda del processo produttivo in atto in quel momento. Inoltre, stanno realizzando un sistema di centralizzazione, sia della componente di security ma anche di sensoristica (temperatura e altri parametri di salute) su tutti gli edifici di Wind-tre.
L’azienda partita da uno scantinato per fare impianti di videosorveglianza si è evoluta, segue la direzione dei progetti di investimento, osserva le istituzioni per capire i settori in cui si investirà ed essere pronta a cogliere l’opportunità di cambiamento. Adesso Selcom offre un’ampia gamma di servizi che coprono molteplici esigenze del mercato Security & Safety. Attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie di comunicazione e lo sviluppo di piattaforme ed applicazioni, realizzano soluzioni integrate in tre macro ambiti: Building, Urban (Smart City) e Environment (controllo della qualità dell’aria, dei parametri di inquinamento, …).
Ad un certo punto si andava molto sullo smart city, in particolare sui sistemi di fruibilità turistica, di mobilità urbana, di traffico, … unito ai sistemi di security. Nella città di Velletri abbiamo creato un concetto di smart city che accoppia videosorveglianza urbana e informazioni alla cittadinanza. Abbiamo messo dei pannelli sui quali vengono trasmesse delibere comunali, informazioni sul passaggio degli autobus, sull’evento teatrale programmato e tanto altro che gira sulla rete comunale”.

Il “freno” burocratico

L’orgoglio meridionale non ha impedito a Massimo e alla sua società di accorgersi dei problemi del Sud. Selcom si è dovuta scontrare con un sistema burocratico che al Sud manifesta tutta la sua opprimente forza. Nel settore pubblico la burocrazia è un grosso ostacolo allo sviluppo. Nel Mezzogiorno – racconta Massimo – le commesse durano anni, sia per gli oneri di tipo amministrativo da rispettare, ma anche e soprattutto per il disinteresse, la noia e l‘inefficienza con cui sono gestiti i processi nella Pubblica Amministrazione.
In Campania, alcuni cantieri (impianti di videosorveglianza) sono fermi da anni perché la maggior parte dei dirigenti pubblici non si assume le proprie responsabilità. Nel tempo abbiamo percepito quanto si sia diffusa sempre più la deresponsabilizzazione nella Pubblica Amministrazione. Questo fenomeno degenera nelle nostre zone. È una delle cose su cui bisogna intervenire con maggiore urgenza in Italia per rilanciare lo sviluppo del paese. Bisogna agire sulla mentalità della classe dirigente pubblica, non bastano i cosiddetti “decreti semplificazione”. I miei project manager si arrabbiano continuamente con tutti questi soggetti con i quali si interfacciano quotidianamente e che non prendono decisioni. Un esempio eclatante: all’interno del progetto ‘Terra dei Fuochi’ è partito un contratto tre anni fa per tre comuni associati. Nel progetto era prevista la realizzazione di alcuni impianti di antintrusione e di arredi urbani in delle aree in cui c’erano delle discariche abusive. Dopo un intervento di pulizia sono state installate le telecamere di videosorveglianza ed è stato curato l’arredo urbano. Inoltre, sono stati realizzati tre impianti di compostaggio che dovevano essere montati presso le scuole a scopo didattico per illustrare agli studenti il funzionamento e l’importanza del ciclo dell’umido. Tutto era definito tranne l’individuazione delle scuole dove posizionare questi tre impianti di compostaggio. Sono passati tre anni oramai e siamo ancora fermi perché i vari dirigenti non sanno dove mettere gli impianti di compostaggio. È una cosa assurda, è incredibile che non siano state individuate in tempo utile le scuole disponibili ad accogliere gli impianti. Mancano pezzi del processo decisionale. Manca la capacità d programmazione. La nostra difficoltà di spendere i fondi europei deriva proprio da questa incapacità. Noi siamo molto bravi ad improvvisare, ma non a gestire i processi ordinari. Se per far funzionare le cose, come a Genova per la ricostruzione del ponte, bisogna mettere un commissario e derogare a tutto vuol dire che il sistema non funziona. Per quanto lavoro possiamo prendere c’è un limite, che non è interno ma esterno. Tu sai che determinati tipi di attività nella PA durano, a prescindere da tutto, un certo numero di anni indefiniti. Per questo l’80% delle nostre energie sono impiegate sul settore privato. Nella Pubblica Amministrazione il processo decisionale è troppo lento. Bisogna prendere le decisioni nel momento giusto e poi fa niente che si sbaglia, può succedere”.

Il pregiudizio verso il Sud come spinta propulsiva

Durante il processo di crescita, a dispetto delle tante difficoltà, essere del Sud ha rappresentato per Massimo e i suoi collaboratori una spinta in più, la voglia di far vedere di cosa si è capaci al di là dei luoghi comuni e delle false convinzioni.
Uno dei primi lavori che andammo a fare fuori, nei primi anni Duemila, fu nelle Marche, in provincia di Ancona. Vincemmo una gara per la messa in sicurezza, con sistemi antintrusione e videosorveglianza, di tutte le scuole del paese. Erano una ventina di scuole, un piccolo lavoro. Il dirigente scolastico e il sindaco, al momento di firmare il contratto ci presero da parte per raccomandarci di non portare gente extra-comunitaria. Questa uscita la prendemmo molto male, la ritenevamo un’offesa nei nostri confronti – eravamo giovani e pieni di ideali, carichi di entusiasmo, e questi atteggiamenti ci rattristavano, ci sentivamo discriminati. La percezione di una bassa fiducia nei confronti di un’azienda napoletana la trasmettemmo a tutti i nostri ragazzi. Questo determinò una reazione, che non fu di protesta verbale, né di uscita, ma di rivincita. Tutti si impegnarono tantissimo e gli impianti vennero fatti bene e in maniera veloce, tant’è che poi ci furono dei tentati furti e gli impianti funzionarono alla grande. Alla fine di questa storia avemmo i complimenti, e ci furono anche articoli sui giornali locali. Essere del Sud, quindi è stata una grande motivazione. È stato il motivo per cui ad un certo punto abbiamo detto che dovevamo uscire dai confini regionali campani e aprire uffici a Roma e Milano. Noi siamo cresciuti tanto in un mercato in declino proprio perché i nostri ragazzi hanno fame, hanno voglia di dimostrare il proprio valore e di non essere secondi a nessuno. Quindi l’aspetto del Sud è stato fondamentale”.
Massimo ha avuto il coraggio di seguire le sue idee, di credere nella propria impresa. Adesso Selcom è una realtà affermata, è come quello scirocco caldo che a volte ti toglie il respiro, che ti fa dire non è possibile. Ma il Sud è pieno di realtà e di storie come questa che ti fanno sentire orgoglioso, che rappresentano la parte migliore dell’essere meridionali.

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Idee da ricordare

Innovare e sperimentare nuovi servizi e prodotti è vitale. Se il settore in cui si opera non permette di crescere oltre una certa misura, è utile progettare nuove soluzione, anche extra-settore, che possano valorizzare il saper fare, le conoscenze acquisite.
Imparare metodi e strumenti anche da settori diversi dal proprio. Per la ricerca dei talenti, Massimo D’Esposito si è ispirato alla “Cantera” della squadra di calcio del Barcellona, uno dei vivai più importanti di Spagna che da anni alleva alcuni dei migliori giocatori del mondo. Discorso simile per quanto riguarda la formazione: in questo caso l’ispirazione arriva dal metodo utilizzato per la produzione del rum Solera. Ogni anno il nuovo distillato viene versato in enormi botti di legno, sempre le stesse. In alto si versa il nuovo distillato, in basso si estrae il prodotto finito, frutto della maturazione e della felice contaminazione tra le diverse generazioni di rum. Il risultato è unico, fortemente identitario e coerente nei risultati.
Puntare sul settore privato. La lenta burocrazia della PA impone di puntare maggiormente su commesse private per non dover patire i tempi del pubblico. Massimo D’Esposito combina il 20% di commesse pubbliche con l’80% di commesse private.
Essere del Sud può fornire forti motivazioni. Nel Mezzogiorno si scontano spesso difficoltà che determinano una “fame di fare” e di dimostrare il proprio valore. La voglia di non essere secondi a nessuno e di riuscire ad andare oltre le problematiche del contesto rende prezioso il senso di appartenenza al Meridione.

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* Roberto Celentano, dottorato in Economia dell’ambiente e dello sviluppo si occupa di ricerca in economia e di valutazione. Da diversi anni collabora conA Colorni-Hirschman International Institute”.