
05 Feb Bollettino n. 6 Quotidianità
Quotidianità
Nella East Coast, cari amici, si vive oggi con la mannaia-Trump che ci penzola sulla testa. Cosa succederebbe se Putin riuscisse a sfondare in Ucraina perché il Partito Repubblicano sta impedendo il rifinanziamento delle armi che le sono indispensabili? E cosa succederebbe se Trump, diventato Presidente decidesse (come ha minacciato di fare) di far uscire gli Stati Uniti dalla Nato? Se lo domandava il NYT dell’altro giorno in una lunga corrispondenza dall’Estonia (e dunque dal Baltico – una zonache si prepara al peggio). Viene da domandarsi: l’Ue cosa farebbe? Sopravviverebbe? Naturalmente, si tratta di interrogativi angoscianti da inizio di campagna elettorale. Fanno il paio con quelli di chi, nell’eventualità di un ritorno di Trump al potere, si interroga sul futuro della democrazia americana alla luce dell’assalto del 6 gennaio dell’anno scorso… Spostiamoci in casa democratica. Anche qui i fronti esterni dialogano con quelli interni e viceversa. Il Presidente Biden è costretto a destreggiarsi tra Scilla e Cariddi. Da un lato, comprensibilmente, non intende voltare le spalle ad Israele (nonostante Bibi e soci), dall’altro deve tener conto della simpatia degli studenti e dei neri per i Palestinesi, “popolo oppresso” – l’ha definito così ufficialmente una dichiarazione di mille pastori protestanti neri. Il risultato è che l’Amministrazione Biden punta a circoscrivere, ridurre e far uscire dalle news l’incendio mediorientale. Il balletto di oggi ne dà un’idea. Avevo appena scritto che era un miracolo se con i numerosissimi attacchi di una milizia filo-iraniana alla principale base americana (situata in terra giordana al confine con Iraq e Siria) non v’era ancora scappato il morto. Purtroppo quel miracolo è finito. Tre riservisti americani neri solo stati uccisi da un drone. Biden è stato costretto a dichiarare che gli Stati Uniti avrebbero risposto. Pericolo rosso. Come per incanto il Pentagono ha assicurato che vi è stato un errore umano (la contraerea ha scambiato il drone nemico con uno amico di ritorno da una perlustrazione). Il primo ministro dell’Iraq ha chiesto l’immediata cessazione degli attacchi di quella milizia. L’Iran è intervenuto. La milizia ha dichiarato di sospendere immediatamente ogni attacco. Scampato pericolo? Non è detto. Ma l’intenzione di smorzare la crisi e spostare l’interesse altrove è evidente. L’impegno del Partito Democratico nella campagna elettorale è ora in forte crescita. Forse il clima interno all’area è più equilibrato ed incoraggiante di quanto ci aspettavamo. Certo, vi sono le conseguenze interne della tragedia mediorientale (tra cui spicca la doppia crisi tra finanziatori e dirigenti che ha paralizzato Harvard). Ma un anno fa le cose stavano diversamente. La chiusura verso l’esterno, il movimento (molto importante, ma talvolta brutale) della decolonizzazione interna e la “cancel culture” (che sembrava derivarne) si sono attenuate. Si cerca oggi un maggiore equilibrio tra la necessità di fare spazio ai nativi americani ed ai neri (nella storia del grande paese, nella cultura, nei sillabus, nell’arte ecc.) e l’esigenza di tenere “on board” tanti altri popoli disponibili (- altro che melting pot!) Forse lo snobismo filo-francese si è un po’ attenuato, mentre per gli americani-italiani ci potrebbe essere un po’ più di “room of manouvre”. Verificheremo presto… Quest’anno Nicoletta ed io siamo ufficialmente visiting del Boston College, una grande università privata cattolico-irlandese che ha una buona reputazione. La giovane docente che ci ospita ci è venuta incontro sorridendo in una mattina freddissima. “Proprio ora – ci ha domandato – dovevate venire, che è il periodo meno accogliente dell’anno?” Sì, proprio ora: va bene così! Ora che le università sono in pieno semestre, che non c’è turismo, che si lavora molto, a casa ed in biblioteca (al caldo!) Un saluto!
Luca (prosegue)