Bollettino n. 1 Deterrence

Bollettino n. 1 Deterrence

Deterrence

Già in aereo, Nicoletta ed io abbiamo cominciato ad appassionarci. Perché mentre leggevamo il NYT tra le nuvole, “pregustavamo”, per così dire, il piacere di vedere (di imparare, di capire) più Stati Uniti e più mondo – da un lato atlantico e dall’altro pacifico, dal lato sud e dal lato nord – di quanto riusciamo ad osservare da casa nostra.

La prima impressione è sempre importante.
E la prima domanda è stata: cos’è che non avevamo capito?
Non avevamo capito ciò che stava succedendo nel Partito Repubblicano.
Perché Donald Trump è tornato in auge, nonostante la spada di Damocle (inclusi i 91 capi d’accusa penale) che ha sulla testa? Perché i suoi sostenitori non ci appaiono dagli USA quei “matti da legare” che ci sembrano dall’Italia? Naturalmente, non è la prima volta che Nicoletta ed io ci interroghiamo in proposito. Ho seguito passo passo (anche se in modo intermittente) l’ascesa dell’estrema destra americana, fin dai tempi del Tea Party. Ho cercato di volta in volta di occuparmi di suprematisti bianchi, di wasps di origine nord (e nord-est) europea, di evangelici fissati sull’aborto (che ora sono molto meno praticanti, e più politicizzati), di agricoltori ultrà della Bible Belt, di operai bianchi delle grandi fabbriche in crisi ecc. Ma ora mi accorgo che anche una buona fetta dell’America istruita desidera rimettere sul trono un personaggio inquietante come Donald Trump.

Perché?

Perché questi fingendosi vittima – titolava l’altro ieri il NYT – sta mettendo un’ipoteca sulla psiche della nazione?
Paradossalmente, la risposta è più semplice ed ovvia di quanto si potrebbe immaginare.

Perché – dicono apertamente tanti elettori repubblicani – vogliamo comandare noi: negli States e in tutto il mondo. E’ questo il significato vero del “Make America Great Again” (MAGA). E’ una atteggiamento di dominio proprio (e di subordinazione altrui) che naturalmente ha più aspetti interni (come armi, ordine pubblico, immigrazione, percolo di quei bianchi di trovarsi in minoranza ecc.) ed esterni.

Vorrei dire una parola su questi ultimi.
Quando, quasi due anni addietro, Putin invase l’Ucraina, Trump commentò (se non ricordo male): se fossi stato io il Presidente, non sarebbe successo. Mi sembrò una sbruffonata e non le diedi peso. Ora, invece mi pare di aver capito il senso di quel messaggio trumpiano. Mi ha aiutato la ricorrenza di un altro avvenimento: la decisione di Trump di eliminare un famoso generale delle guardie rivoluzionarie che il regime teocratico di Teheran considera un eroe. Cos’ha fatto in quell’occasione la guida suprema iraniana? Ha preso sul serio tale avvertimento – ha spiegato il NYT – e per un certo tempo “non ha mosso foglia”. Il termine decisivo sulla bocca dei principali esponenti repubblicani è “deterrence”, deterrenza (che si ottiene, per l’appunto, alternando un misto di intimidazione, minaccia e ricatto, a specifiche proposte di accordo – il famoso “deal”).

E’ questo dunque il sistema concettuale – per quanto ho cominciato a capire meglio in questi pochi giorni – tramite cui i trumpiani vorrebbero “trattare” di nuovo la comunità internazionale, nonostante le conseguenze del primo “trattamento” sfociato nelle crisi belliche in corso.

Perché chi si pone sul sentiero della deterrenza deve poi aspettarsi che chi ne fa le spese cerchi un sistema per render pan per focaccia. E non si può pretendere che la politica di contenimento senza scontro diretto dell’amministrazione democratica abbia pieno successo quando i finanziamenti americani allo straordinario impegno bellico ucraino vengono sospesi, da una claudicante maggioranza repubblicana della Camera dei Rappresentanti, con la giustificazione che si tratterebbe di una politica debole e costosa; oppure quando il governo di ultradestra israeliano osannato dai trumpiani cade all’improvviso nella trappola tragica costruita per anni (soprattutto sottoterra) da Hamas e da altri gruppi filo-iraniani.

Sic stantibus rebus, cari amici, bisogna tener conto che la battaglia elettorale negli Stati Uniti è appena cominciata. La nuova ascesa di Trump metterà certamente in moto movimenti collettivi ad essa contrari. I dem sperano che si brucerà le dita. E’ chiaro comunque che le alternative politiche americane tenderanno a riverberarsi su tutti gli scacchieri…

Luca (prosegue)