05 Feb Bollettino n. 5 Il fattore Deng
Il fattore Deng
Cari amici,
a commento del Bollettino n. 2 (Cultura), Vittorio Coda mi ha domandato: “perché è stata persa la grande occasione del 1989? Perché tanta miopia? Forse perché era in pieno svolgimento la sbornia neoliberista?” Certo, quella sbornia non è stata buona consigliera. Ma la vicenda, se non vado errato1, è molto più intricata di così. Com’è noto, la svolta neoliberista si è affermata nella cultura economica americana negli anni Settanta del secolo scorso – per poi essere messa in pratica, resa popolare (da un noto attore di Hollywood) e trasformarsi infine nella cosiddetta globalizzazione. Con il senno di poi, penso che quel barrito dell’elefante abbia indubbiamente scosso il mono comunista. Ma ritengo anche che non si possa capire cosa è accaduto se non facciamo entrare in scena un altro protagonista, l’abilissimo Deng Xiaoping (parola del responsabile dei servizi segreti britannici!). Infatti fu proprio Deng che dopo la morte di Mao convinse lo stato maggiore delle corporations americane che convenisse loro intraprendere consistenti investimenti in Cina… sulla base della loro stessa ideologia (ovvero della sbornia culturale neoliberista). Accadde così che in quel clima di apertura e di speranza una parte significativa della società colta cinese si schierò dalla parte della democratizzazione. Ed accadde, inoltre, che la corrente democratica del Partito Comunista Cinese prese coraggio e, protetta inizialmente da Deng (ed indirettamente anche da Gorbaciov), espresse due segretari generali democratici Yao e Ziang. Il secondo intendeva addirittura discutere coram populo con il movimento per la democrazia. Ziang, che era stato a lungo primo ministro, perse purtroppo la lotta all’interno del partito e, invece di partecipare al massacro che seguì, preferì dimettersi. Deng ordinò allora la repressione (ancor oggi abbiamo negli occhi quello studente di fronte a un carrarmato, ma non sappiamo neppure il numero dei morti – migliaia?). Eppure, insieme ai suoi amici americani, Deng riuscì a far passare quella tragedia nei mass-media del mondo intero come una specie di incidente di percorso…2 Era il maggio del 1989. A novembre è caduto il Muro di Berlino. Tra questi due avvenimenti epocali Michail Gorbaciov, segretario del Partito Comunista Sovietico (in quanto tale n. 1 dell’intera gerarchia comunista mondiale) decise di non seguire la “cura” Deng e di proseguire invece la sua politica della glasnost e della perestroyka, tramite la quale, come è noto, si è infine estinto il comunismo europeo. Torno allora alle domande iniziali: perché l’Occidente non ha sostenuto Gorbaciov al momento opportuno nel suo tentativo di trasformazione democratica del sistema comunista europeo (cosa che probabilmente avrebbe anche riaperto la partita in Cina)? Perché, invece di inventare una sorta di Piano Marshall per l’intera area ex-comunista, l’Occidente ha fatto cadere la Russia in una crisi economica gravissima3, anticamera di quel sentimento popolare di umiliazione e di rivalsa di cui stiamo pagando le gravissime conseguenze? Perché l’Occidente ha seguito invece la politica opposta (a quella che sarebbe stata necessaria) – quella che ha favorito Eltzin (e Putin) da un lato e Deng (e Xi Jinping) dall’altro? “Perché – mi ha scritto Vittorio è stata persa la grande occasione del 1989? Perché tanta miopia? Forse perché era in pieno svolgimento la sbornia neoliberista?” Certo! E con essa metterei l’interesse di breve periodo (miope) delle corporations, insieme naturalmente all’ignoranza completa del comunismo e dei suoi processi interni4. E’ l’effetto drappo rosso di fronte al toro americano infuriato tipica della cultura liberale assolutista degli Stati Uniti (spiegata a josa da Louis Hartz). La furia del toro americano (nel pregustare finalmente il suo nemico nella polvere) è stata tale che non si è accorto, ad un certo punto, che aveva di fronte soltanto un drappo rosso (che avrebbe dovuto raccogliere)…
Luca (prosegue)
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1 Naturalmente in un tema importante e complesso come questo è sempre possibile prendere lucciole per lanterne. Ma, a favore della ricostruzione che segue, posso chiamare a deporre due testimoni di primordine – Putin e Xi Jingpin – che si sono espressi in modo inequivocabile e sprezzante contro la politica di Gorbaciov. (A quelle affermazioni fa da contraltare, d’altra parte, il rispetto per la figura di Gorbaciov nutrito dai maggiori esponenti democratici cinesi e russi).
2 Fino al punto di crederci egli stesso. Fino al punto che il grande pubblico, elettrizzato dalla successiva caduta del muro, non se ne è ricordato nemmeno. Tanto che perfino Clinton diceva la favoletta che ormai (per effetto della globalizzazione) la Cina era sulla strada della democrazia. Potenza di un… materialismo storico inconsapevole!
3 Ha testimoniato ad abundantiam in un suo libro l’ex-ambasciatore inglese a Mosca.