Bollettino n. 7 Imprenditorialità

Bollettino n. 7 Imprenditorialità

Imprenditorialità

Faccio un passo indietro. Cosa avevo veramente in testa – mi sono domandato – quando ho scritto (nel B2 Cultura) che “abbiamo bisogno di una grande svolta intellettuale e di comportamento; di un’energia prorompente che essa potrebbe sprigionare – per utilizzare urbi et orbi, nell’interesse del genere umano, il meglio della nostra cultura teorico-pratica…”? Beh, – mi sono risposto – per averne un’idea, basta porsi nei panni di una/un giovane sveglia/o di belle speranze, in rappresentanza dei miliardi di donne e uomini che ci osservano. Cosa può pensare questo soggetto, nella sua innocenza, delle (tante volte ripetute) dichiarazioni altisonanti dei nostri governi, dell’Ue, dell’Onu che riguardano il Global South come il Global North, rispetto alla realtà che ci circonda?
La prima risposta è semplice: i nostri dirigenti occidentali predicano bene e razzolano male. They don’t deliver! Ma poi ve ne è una seconda: guardando meglio la/il giovane può accorgersi che, settore per settore, il pensiero dominante sembra fatto apposta a giustificare punto per punto come stanno effettivamente le cose. Viviamo un eterno carnevale… dell’ipocrisia. Bisogna reagire finché siamo in tempo! Era proprio questo ciò che avevo in mente. Ma come? Si tratta di un argomento troppo vasto e complesso per farlo rientrare in una pagina. Bisognerebbe scovarne un aspetto specifico, magari esemplificativo, che ci aiutasse ad impostare il discorso. Rimugina e rimugina, la mia scelta è caduta sul discorsetto che segue. Nella nostra parte del mondo, l’imprenditorialità agricola, artigiana e commerciale si è affermata insieme all’aristocrazia: prima nel Mediterraneo orientale e poi in quello occidentale. Denaro da un lato, onore e gloria dall’altro. Anche per questo, tra l’imprenditorialità (prevalentemente privatistica) e l’aristocrazia (a prevalenza pubblica, politico-militare) non è corso spesso buon sangue. Residui di quel lunghissimo passato sono tra noi, anche se non ce ne accorgiamo. Si pensi alle tante teste coronate che esistono ancora in Europa. Si pensi agli stemmi araldici. Oppure ad alcune espressioni incorporate nella nostra lingua – come “ce l’ha del suo” (per indicare il privilegio del padrone che può consumare direttamente un prodotto delle proprie terre, senza dover passare per il mercato), oppure “fare il commerciante” (mercanteggiare)1. La situazione è cominciata a cambiare davvero, da questo punto di vista, con la rivoluzione industriale. Quando Ronald Reagan, nelle sue popolarissime esternazioni, diceva agli americani che il loro paese non era stato costruito da una qualche élite, voleva dire proprio questo. Vale a dire che l’imprenditorialità si era finalmente sbarazzata dell’aristocrazia. Questa era l’ideologia quando Nicoletta ed io sbarcammo negli Stati Uniti quarant’anni fa. E ci fece una grande impressione2. Penso, infatti, che la tipica “restlessness” della società americana abbia in fondo quest’origine. I suoi cittadini sanno, fin da piccoli, che dovranno “darsi da fare”. Non esiste qui, per esser chiari, il mito del “far la vita del signore” (con annessa tendenza all’‘assistenzialismo’) ancora presente dalle nostre parti – nonostante l’intenso processo di monetarizzazione che ha trasformato la nostra economia nel secondo dopoguerra. D’altra parte, non posso certo dimenticare tutto questo oggi, dato che mi trovo di fronte alcuni leader imprenditoriali talmente rampanti da mostrare coram populo la loro sfrenata ambizione: comandare alla loro maniera il mondo intero. Ricordate la libra (storpiatura della libbra latina) che avrebbe dovuto sostituire il dollaro? Oppure: vi siete mai domandati perché recentemente l’ineffabile Elon Musk è venuto a Roma a portare un mazzo di fiori sulla tomba di Giulio Cesare?
Nell’epoca dell’High Tech (in cui sette imprese hanno raddoppiato il loro valore nel solo 2023, licenziando tra l’altro migliaia di dipendenti) non basta più all’imprenditorialità produttiva e finanziaria americana il give back ed il sistema dei donors culturali e politici. Esiste la pretesa di andare oltre. Non mi scompongo. Continuo a pensare che il futuro sarà della democrazia e dello sviluppo per tutti quanti; e quindi dell’imprenditorialità nel senso più ampio del termine. Perché con il suo spirito d’iniziativa ella dovrà contagiare ed elevare l’intera popolazione.
Ma da vecchio insegnante aggiungo che dobbiamo interrogarci su che tipo di imprenditrice/tore dobbiamo “crescere” (per dirla alla meridionale). Non potrà essere un semplice imprenditore privato, che agisce per sé e per la propria famiglia; oppure per i propri stakeholders (dipendenti, finanziatori, territorio ecc.). Dovrà essere un imprenditore pubblico-privato colto, lungimirante, “ultra-olivettiano”, collegato al meglio della nostra cultura teorico-pratica, a capo d’iniziative private sì, ma d’interesse pubblico. Contemporaneamente, dovrà essere in grado di favorire, anzi indurre, un atteggiamento ed un comportamento civico maturo in grado di portare in porto la riforma del settore pubblico nel senso della maggiore democrazia e del maggiore sviluppo per tutti – insieme ad una regolarizzazione dei mercati e ad una riduzione delle distanze sociali, e tra zona e zona, all’interno e all’esterno di ogni singolo paese federato…

Luca (prosegue)

 

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1 Per non parlare del fatto che fino a metà settecento la Chiesa romana non riconosceva ufficialmente il saggio d’interesse (mentre talvolta, dietro le quinte, si faceva prestare denaro – eccome!). Da qui l’espressione “vil denaro” e persino, “lo sterco del diavolo!” – così lo chiamava (ironicamente) un mio studente di campagna, che rispecchiava, con ogni probabilità, un tradizionalismo ecclesiastico duro a morire…
2 Ancora una volta, mi spiego così il ruolo del primo impatto – quello che ci colpisce. Perché, mostrandoci una realtà palmare, diversa da quella a cui eravamo abituati, mette in moto un ripensamento. Vale a dire: suggerisce di abbandonare certi giudizi (che all’improvviso sono apparsi obsoleti), per aprire la mente verso nuovi orizzonti.