Lunga vita a National Power

Lunga vita a National Power

Introduzione

In poche decine d’anni la situazione mondiale è profondamente mutata. Ci siamo andati svegliando poco a poco in un contesto molto diverso da quello che credevamo di avere, ed a cui eravamo abituati. Dopo l’ubriacatura democratica che ha seguito la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione del comunismo europeo, è emersa per gradi la verità di un pianeta a prevalenti direzioni autoritarie (di diversa natura). Dall’alto in basso, si è cominciato a parlare di diarchia americano-cinese, poi gradualmente abbiamo scoperto una moltitudine di altre grandissime e grandi potenze (affermate o in costruzione, come Russia, India, forse Brasile), medie (come Germania, Francia, UK, Turchia, Arabia Saudita, Iran ecc.) e piccole (tante altre) spesso divise tra loro da rapporti di rivalità (e/o di connivenza). Il mondo sta diventando sempre più ispido.

        Ciascuno reagisce (individualmente e collettivamente) partendo dalla situazione in cui si trova. Con l’invasione dell’Ucraina, il pericolo dell’affermarsi di un’ombra russa sulle democrazie europee (come ha detto giustamente Paolo Gentiloni) ha cominciato a prender forma. Esiste l’esigenza di reagire alle pressioni altrui (politiche, economiche, militari, culturali).

       Inizialmente, è sembrato possibile fare quadrato a favore dell’Ucraina, ma a due anni di distanza hanno cominciato a manifestarsi oscillazioni e disgregazioni (macro e micro) nazionaliste pericolose.

          La guerra Israele-Hamas ha aggravato ulteriormente la situazione – sia perché ha fatto emergere un groviglio di contraddizioni esplosive (da cui non si sa più come uscirne),  sia perché ha posto la situazione mediorientale in primo piano oscurando quella ucraina (e favorendo i tanti miopi che desiderano lavarsene le mani).

       Finalmente, la questione culturale è venuta in primo piano. La pretesa occidentale che gli altri popoli pensino ed agiscano come noi è diventata grottesca – dopo aver segnato un’intera epoca di tragiche sconfitte.

        La verità è che molti paesi che si fanno avanti possiedono culture diverse dalla nostra – sia perché intendono valorizzare le loro eredità culturali spesso antichissime, sia perché reagiscono alle molte esperienze negative legate alla loro precedente subordinazione.

         In tante regioni e continenti prevale il risentimento nei confronti dell’Occidente. Per non parlare, naturalmente, delle diverse sfide: cinese-confuciana, russa-ortodossa, indiano-induista, musulmana (sunnita e sciita)… Fino al punto che, se intendiamo dialogare con l’una o con l’altra di queste culture, dobbiamo studiarla preliminarmente, nelle sue fondamenta.

       Persino l’unità delle conoscenze professionali (la così detta letteratura scientifica, sociale, letteraria) si è andata sgretolando. La Brexit ha rappresentato un segnale di ripresa nazionalista delle differenze culturali anche tra le vecchie potenze imperialiste europee. L’UE si trova di fronte a un bivio – tra il diluirsi ulteriormente in un semplice mercato comune o trasformarsi con l’integrazione (ed il maggioritario). Gli Stati Uniti non riescono ancora ad aver ragione dei loro sommovimenti interni.

       In questa situazione. non è possibile occuparsi di tutto: è necessario circoscrivere gli interessi e gli interventi. Come centro-meridionali italiani che ambiscono a svolgere un ruolo di raccordo tra il Global South ed il Global North non possiamo fare a meno di occuparci dei nostri potenti vicini europei da un lato; e dall’altro del Mediterraneo musulmano.

         A tal proposito, è indispensabile superare la condizione di imbottigliamento verso il nord in cui è abituato a vivere il Mezzogiorno. Infatti, dalle Alpi alle Piramidi, il nostro paese ha da tempo scarsissimi rapporti con il mondo islamico – assai meno della Francia (anche se, nello stesso tempo, è molto meno odiato).

          Conclusione: dobbiamo imporci (leopardianamente) di guardare “oltre la siepe” – tramite un lavoro che non può esaurirsi in pochi giorni, perché ha bisogno di continuità e prospettiva. Deve diventare un’abitudine.

            Fortunatamente non siamo soli. In potentia, abbiamo con noi gli “italici” del mondo – a partire dagli americani/italiani (canadesi/italiani, tedeschi/italiani ecc.) . Con tutti coloro che guardano al nostro paese con simpatia ed affetto, vorremmo aprire una nuova fase mediterranea e mondiale per ridurre le rivalità, consolidare le situazioni esistenti, capirsi reciprocamente, avanzare nel benessere e nella democrazia, nell’innovazione e nello sviluppo, accrescere il processo di incivilimento, mettere in moto antenne ed attrattività fruttuose ecc.

       Per questo è per noi così importante capire bene National Power (cfr. il saggio qui accluso). Certo, nella sua “terza vita”; vale a dire, dopo quella della Seconda guerra mondiale e dopo quella della guerra fredda e della dominazione americana: per poter scrivere insieme una pagina nuova “for a better world”…

 

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