Subordinazione e emarginazione come leva

Subordinazione e emarginazione come leva

Luca Meldolesi 11 aprile 2021

Subordinazione ed emarginazione come leva

In molti siamo ormai capaci di lavorare e produrre nel piccolo. Ma qualche volta è bene dare anche un’occhiata alle tendenze macro. Ad esempio, una carta mondiale dei vaccini anti-covid fotografa oggi una situazione in ebollizione. Quelli nordamericani, giapponesi, oceanici ed europei fanno storia a sé, mentre altrove prevalgono i vaccini cinesi ed indiani. Chi l’avrebbe mai detto qualche decennio addietro?
Con la discesa in campo dei “pesi massimi” dell’umanità la fisionomia verticale della piramide umana va modificandosi. Anche i paesi medi come il nostro debbono “ricapirsi”. Già soffriamo di subordinazione e di emarginazione relativa, anche riguardo alla lingua e alla cultura. Cosa succederà in futuro?
Esistono da tempo segnali poco rassicuranti. Ad esempio: le citazioni delle scienze sociali internazionali nella nostra lingua sono mosche bianche. L’apprendimento del latino e dell’italiano è relegato a qualche settore specializzato. Se un testo non è in inglese… è come se non esistesse. Lo scadimento dei nostri insegnamenti (soprattutto universitari) non ha prodotto finora nessuna vera reazione. I giovani intellettuali migliori (che sono spesso i meno ossequienti) puntano direttamente all’estero. Spesso gli adulti perdono interesse alla ricerca e ripiegano… sull’arrotondamento dello stipendio. La cultura autoctona langue. E’ come se il nostro declassamento venisse tacitamente accettato dalle Alpi alle Piramidi (pur con le dovute eccezioni, naturalmente).
Certo la crisi pandemica (come tutte le crisi) ha prodotto una tendenza centripeta nell’Europa post-brexit ed anche all’interno del nostro paese (una peculiare benedizione nascosta). Ma non dobbiamo farci illusioni sulla soluzione dei nostri problemi. Nel centro-nord prevale la tendenza al’imitazione, all’adeguamento subordinato, alla pretesa di rappresentare il paese nel suo complesso e di salvarsi individualmente alle (e sulle) spalle del Mezzogiorno. Invece nel centro-sud c’è forse spazio per inventare qualcosa di nuovo.
Il funzionamento del mercato penalizza spontaneamente il Mezzogiorno. Molti giovani si organizzano per sistemarsi altrove, anche quando ciò non sarebbe necessario. Chi nel mondo proviene da lontano punta innanzitutto sul Nord. Se ha un buon livello di educazione preferisce Parigi, Amsterdam, Berlino. Così la condizione di subordinazione e di emarginazione di gran parte del continente si aggrava ulteriormente.
Dobbiamo reagire. Dimostrare praticamente che quella condizione può essere utilizzata come leva del cambiamento. E’ questa la sfida di Entopan e dell’Istituto. Per non essere condizionati (e poi digeriti) dal sistema politico, essa va raccolta su un piano strettamente privato, ma aperta al mondo intero. Conduce ad una battaglia molto dura che ha bisogno del protagonismo di tutti quelli che l’accettano. Richiede di imparare a muoversi dalle stelle (italiane ed estere) alle stalle; ma con una responsabilità esplicita nei riguardi del Sud e dei Sud.
Formazione, esercizio teorico-pratico non stop, elevazione continuata ed aggravata, costruzione di piccole strutture d’attrazione e d’intraprendenza che moltiplichino i processi positivi, interscambio verso l’alto e verso il basso della grande piramide umana, valorizzazione delle nostre potenzialità culturali, sociali e produttive, semina della buona novella del cambiamento… – sono queste i nostri desiderata.